LABELLING THEORY
Edwin Lemert, Erving Goffman e Howard Back danno l'avvio alla labelling Theory, Ovvero la teoria di etichettamento. Il nocciolo di questa prospettiva può riassumersi in questo modo: la devianza non è un attributo di determinati gruppi o individui, ma una condizione che si viene a creare In seguito a determinati meccanismi di attribuzione e definizione delle situazioni e si sviluppano nel corso dell'interazione sociale. Non ha senso quindi, cercare presunte cause della devianza visto che questa non è una qualità intrinseca della persona, ma occorre piuttosto ricostruire il processo con cui essa "si definisce come situazione", strutturando l'identità sociale dei soggetti che vi sono coinvolti.
La "definizione sociale" della devianza opera a più livelli: in primo luogo come osservato inizialmente la definizione sociale della devianza precisa ciò che deve essere ritenuto lecito o normale. In secondo luogo la definizione sociale della devianza circoscrive la situazione che si crea quando la norma socialmente stabilità viene infranta ad un certo comportamento. Nei confronti del trasgressore, reale o presunto, scatta un meccanismo di etichettamento: egli è considerato un deviante trattato come tale. La stigmatizzazione ha l'effetto di innescare un pericoloso processo di ristrutturazione dell'identità sociale dell'individuo: egli impara a vedersi con un deviante, sviluppando progressivamente abitudini e convinzioni e motivazioni che lo allontano ancora di più dall'alveo della normalità.
Lemert esprime un concetto analogo distinguendo tra devianza primaria e devianza secondaria. Quella primaria è quella connessa all' iniziale violazione della norma e quella secondaria si costituisce in seguito al etichettamento Sociale. La spirale innescata dal etichettamento sociale può essere ricondotta a quel meccanismo più generale che Merton definisce "profezia che si autoadempie" ossia il fenomeno per cui i processi di attribuzione sociale spesso riescono a orientare il corso degli eventi in direzione perfettamente conforme al significato conferito. Nel campo specifico della devianza, il meccanismo della profezia che si autoadempie ci dice che chi è giudicato e trattato da deviante, finirà per esserlo davvero. A queste osservazioni si potrebbe obiettare che anche l'insorgere della devianza primaria esige una spiegazione e che la teoria dell'etichettamento non chiarisce nulla in merito. Perché, Potremmo chiederci, a un certo punto un individuo decide di infrangere una norma? Quali sono le motivazioni ? In realtà, dal punto di vista della labelling Theory questa questione assume una pochissima importanza. In primo luogo perché le spinte in direzione comportamenti trasgressivi non sono appannaggio di soggetti particolari, ma costituiscono un'esperienza comune alla maggior parte degli individui. In secondo luogo, perché l'analisi della carriera deviante mostra che vere e proprie motivazioni si sviluppano solo dopo che l'attività devianze sia consolidata. In realtà proposito di quest'ultimo, la labelling Theory può essere agevolmente integrata con altre prospettive di analisi. Si può supporre, che la socializzazione da parte di subculture devianti predispongo alcuni individui più di altri a comportamenti trasgressivi; etichettamento sociale, farebbe per così dire il resto, favorendo il passaggio dalla devianza primaria a quella secondaria. Bisogna Inoltre considerare, che l'opera di etichettamento non è indipendente da variabili socio-ambientali, nel senso che una persona appartenente alla sociale più basso ha maggiori probabilità di essere stigmatizzata come delinquente. Bisogna infine osservare che il percorso verso la devianza secondaria viene spesso alimentato proprio da quelle strutture sociali che dovrebbero correggerla.
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