mercoledì 26 maggio 2021

LA SOCIETA DELLO SPETTACOLO

 LA SOCIETA DELLO SPETTACOLO-FILM


La società dello spettacolo è un fenomeno che è stato introdotto da Guy Debord. In merito a questo

fenomeno, lui afferma: "Lo spettacolo è la principale produzione della società attuale", e tutta la vita delle

società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un'enorme

accumulazione di spettacoli".

Lui sottolinea l’importanza dell’apparire nella società dello spettacolo, individuando anche una

decadenza dell’essere in avere. Per Debord l'avere cede all'apparire, come l'essere ha fatto con

l'avere. L'avere viene quindi sottoposto all’importanza dell'apparire. In realtà, l'apparire nella

società dello spettacolo si può individuare in due modi: in primo luogo abbiamo l'apparire delle

merci, che serve per aumentare le vendite, e in secondo luogo abbiamo l'apparire degli uomini. In

questo caso l'apparire, che oggi è concentrato sulla visibilità, è necessario ai vantaggi economici,

sociali e politici.

Per concludere questo discorso, per Debord, la realtà è la seguente: l'apparire è in funzione

dell'avere. Questo vuol dire che se l'avere ha sostituito l'essere, lo stesso deve aver fatto anche

l'apparire. Di conseguenza, l'apparire ha sottolineato la divisione tra l'uomo di spettacolo e l'essere

dell'uomo. L'uomo di spettacolo, per quanto riguarda la sua apparenza, è ancora più distante

dall'essenza umana. E per uomo di spettacolo non si intende solo il professionista, il conduttore

televisivo, ecc, ma soprattutto, l'uomo che vive nella società dello spettacolo, "protagonista

inconsapevole" dello show che lo circonda. Questo è quello che in generale afferma Debord.

In seguito abbiamo anche un’affermazione di Jeremy Rifkin, il quale afferma che La società dello

spettacolo si impone anche alla circolazione delle merci trasformando il consumo pagante in

shopping. L'apparire è diventato così il reale modo d'esistere delle masse dell'Occidente.

La società dello spettacolo può quindi essere definita con il termine di società del Truman show,

dove Truman è il nome di un individuo, che vive in un mondo finto, circondato di pure apparenze e

finzione.

Quindi, la società dello spettacolo, viene paragonata alla società del Truman show. Proprio in merito

al Truman show, abbiamo il film, "The Truman show". In breve, il protagonista è cresciuto in set

cinematografico, però inconsapevole di esserne prigioniero. Quando, alla fine, Truman scopre la

verità, cerca di fuggire per rientrare nel "mondo reale".

Ma nella società reale, la finzione esemplificata dal film rappresenta la finta realtà della società dello

spettacolo, perché il "set televisivo" avvolge realmente tutta la società: è la reale società del Truman

show, il cui contrassegno è la finzione assoluta.

Per capire meglio, analizziamo la trama del film...

TRAMA

Truman Burbank, è il protagonista del film, un uomo sui 30 anni , però inconsapevole di essere il

protagonista del famoso "Truman Show". In poche parole, è uno show riguardante tutta la sua vita.

Truamn è inconsapevole di essere ripreso sin dalla nascita, 24 ore su 24. Lui è nato da una

gravidanza indesiderata e poi in seguito "adottato" da questo show televisivo con a capo il regista

Christof. Truman abita su un’isola, Sea-heaven, che in realtà è un enorme studio televisivo diretta

interamente dal regista Christof. Tutte le persone con cui Truman si relaziona sono tutte degli attori,

come i genitori, l'amico Marlon e sua moglie Meryl, il cui compito è di manipolare e dirigere, tutta la

vita di Truman. Tutto su questa isola è finto, il giorno e la notte, il mare e i fenomeni atmosferici.

Truman Burbank è un cittadino nella sua città: lavora come assicuratore per la più importante

agenzia assicurativa della città. E' sposato con Meryl. Per lui i giorni sono tutti uguali, tra lavoro e

famiglia. Tutta questa monotonia cambia una mattina, quando per raggiungere la macchina, vede

cadere dal cielo una lampada per set cinematografici, enorme sbaglio. Subito però viene rassicurato

dalla radio che annuncia il passaggio di un aereo in avaria che perdeva pezzi nel cielo di Sea-heaven.

Dopo questo episodio, la sua vita torna “normale”, però nei suoi pensieri ha sempre in mente

Lauren, l’attrice dello show che frequentava il suo stesso college. I due si innamorano al collage, ma

tutto questo non poteva continuare perchè lei ignorò il copione, venendo così allontanata dal set e

facendo credere a Truman di essere partita per le Fiji. Lei riuscì per poco a parlare con Truman,

prima di essere allontanata, non riuscendo però a dirgli tutta la verità. Da questo momento in poi e

grazie ai ricordi di altri episodi della sua vita, Truman vuole e inizia a cercare la Verità. Molte cose

iniziano ad insospettirlo come per esempio: l’ incontro con il padre deceduto, l'intercettazione via

radio e la scoperta del falso ascensore e quindi inizia a pensare che quello che aveva detto Lauren

forse aveva un senso. Proprio per questo, Truman decide di non andare più al lavoro, ma di andare

verso un altro palazzo; essendo tutto fuori copione, gli attori non riescono a impedirgli di vedere ciò

che si trova dietro il falso ascensore. Allora dichiara a Marlon di voler partire per le Fiji. Per questo

motivo, per paura che lui volesse andarsene, la tv inizia a trasmettere spot riguardanti il valore del

proprio luogo nativo, ma il protagonista ha ormai perso ogni fiducia, anche nei confronti della

moglie, che segue a lavoro. A questo punto, Truman decide di consultare un'agenzia di viaggi, che

però non dispone voli, decide quindi di prendere l'autobus ma senza successo. Dopo questi episodi,

capisce di essere sotto il controllo di qualcuno e vuole cercare di scappare, decidendo di portare la

moglie in un pericoloso giro in macchina che si conclude con l'arresto. Truman, a casa, è nervoso,

punta un coltello alla gola di Meryl, la quale per “salvarsi” svela parte del segreto, chiedendo aiuto

alla camera. Subito arriva Marlon, che sotto l'aiuto di Christof riesce a far ragionare Truman e a

calmarlo. Ma Truman, ancora insospettito, Come ultima spiaggia, decide di superare la sua paura

navigando in mare, ma Christof, simula una tempesta alla quale Truman riesce a sopravvivere

arrivando alla fine della cuopla e sbattendo con la barca al finto cielo. Truman capisce finalmente

che è vittima di una finzione in cui ha vissuto per tutta la vita e inizia a piangere. E' qui che compare

per la prima volta il “dio” di Sea-Heaven, ovvero Christof, che tenta di convincere Truman a restare.

Lui pero gli volta le spalle e si dirige verso la porticina dalla quale esce per raggiungere la realtà e

Sylvia.



RIFLESSIONE

Guardando questo film, ho capito molto bene cosa si intende per società dello spettacolo. Proprio in

questo film abbiamo potuto vedere un elemento importante: l’avere è più importante dell’essere e di

conseguenza l’apparire in funzione dell’avere. Il regista, alla fine del film, per non far scappare

Truman, cerca in tutti i modi di sabotare il suo intento di scappare via mare, con tempeste e fulmini

che hanno quasi causato la morte di Truman. Lui, è stato l’unico a voler continuare a metterlo in

pericolo, senza pensare alle conseguenze per attirare il pubblico e per avere successo. Per lui era più

importante l’apparire e l’avere che la vita di Truman. Lo si capisce anche alla fine, quando cerca di

manipolarlo per farlo restare, dicendogli che lui aveva visto i suoi primi passi, il suo primo giorno a

scuola, il suo primo dentino, ecc. Tutto questo per cercare di manipolare la sua mente e farlo restare

per continuare ad avere successo.

Un altro elemento che è emerso, è l’apparire delle merci, con la funzione di vendita e di sponsor. Più

volte in questo film sono apparse sponsorizzazioni di prodotti come il caffè, oppure la falciatrice.

Anche in questo caso, lo scopo di questo film era quello di “usare” la vita di Truman con scopo di

vendere determinati prodotti.

Questo film mi è piaciuto, perché molto particolare e ho capito bene il significato di società dello

spettacolo.

mercoledì 21 aprile 2021

GLI STRUMENTI STATISTICI

Gli strumenti statistici 

La statistica è la scienza che si serve di metodi matematici per l'analisi e l'elaborazione di dati relativi a fenomeni collettivi, al fine di trarne conclusioni fondate e rilevanti.  Le scienze umane - così come la meteorologia, la medicina, l'economia - ne fanno sistematicamente uso.  L'operazione di tradurre in numeri l'oggetto della propria ricerca può essere compiuto in più contesti e diversi livelli, Ad esempio, il sociologo che conduce un'indagine su una popolazione può avere interesse a rilevare quante volte compaia ognuna delle modalità assunte  dal carattere che sta indagando, oppure quante volte una stessa modalità compaia in contesti e situazioni diversi.



Questa operazione si chiama "misurazione ne di frequenza": ciò che possiamo misurare la frequenza assoluta e frequenza relativa.  Il complesso delle diverse modalità e delle rispettive frequenze con cui un carattere determinato si manifesta in una popolazione è detto distribuzione di frequenze.  Conoscere la frequenza assoluta o relativa di un fenomeno costituisce una necessaria per valutarne l'impatto sociale, avanzare spiegazioni o previsioni, suggerire possibili strategie di intervento.  Le distribuzioni statistiche possono essere rappresentate con tabelle, come quella riportata nella figura precedente, oppure tramite grafici, cioè figure che ne rappresentano simbolicamente le caratteristiche.

LA VALIDITA DELLA RICERCA

per lo studioso che conduce una ricerca è importante avere la certezza che essa risponda ai requisiti di "validità".  Questo concetto si specifica in due ulteriori domande: la validità degli strumenti utilizzati e quella dei risultati a cui si approda.  Uno strumento è valido se misura effettivamente, e in modo preciso, ciò che intende rilevare.  In psicologia, ad esempio, da un test per la misurazione dell'intelligenza ci si aspetta che misuri effettivamente ciò che intende rilevare - il quoziente intellettivo dell'individuo - e non altre caratteristiche, come la creatività o l'attitudine a svolgere un determinato compito  ;  da un questionario predisposto per un'inchiesta sulla pratica religiosa all'interno di una determinata popolazione, ci si attende che dia informazioni su quello specifico fattore che intendiamo indagare, e non su altri.  Tuttavia è pur vero che, soprattutto in sociologia, può capitare che uno strumento predisposto per rilevare un certo fattore possa dare informazioni supplementari impreviste su altri aspetti del fenomeno.



Bisogna però distinguere tra "validità interna" e "validità esterna"  Perché ciò si verifica non è sufficiente che siano impiegati strumenti validi, ma occorre anche che sia adeguato la condotta del ricercatore che i risultati siano stati registrati correttamente.  Ad esempio, se il ricercatore deve condurre delle interviste, dovrà mettere le persone interpellate in condizione di poter comprendere adeguatamente le domande ed esprimere il proprio pensiero senza timore, in modo da fornire risposte affidabili.  Si parla invece della validità esterna quando i risultati di una ricerca si possono estendere una situazione diversa da quella in cui è stata condotta.  Il problema si pone soprattutto per gli studi fatti in laboratorio: condurre un esperimento o predisporre un'osservazione in un ambiente artificioso, appositamente predisposto dallo studioso, se da un lato ha il pregio di conferire maggior rigore alla ricerca, dall'altro può produrre conclusioni difficilmente trasferibili nella realtà quotidiana.  

INTERROGARE LA REALTà PER RICEVERE RISPOSTE

 Interrogare la realtà per ricevere risposte 

Nella ricerca la situazione è analoga: lo studioso pone domande alla realtà "costringendola" a piegarsi ai suoi interrogativi e ai suoi interessi, ma disposto comunque ad accettare le risposte che riceverà, e a mutare, in funzione di queste, la propria visone delle  cose. Ogni ricerca, qualunque sia l'ambito in cui nasce, prende avvio da un "problema", cioè da una situazione di "mancanza", di privazione, che è vissuta come disagio e che chiede di essere risolta  .  Talvolta il problema è un fatto concreto, che si impone all'attenzione degli studiosi e dell'opinione pubblica per la sua urgenza e gravità.



Nel campo delle scienze umane raramente la ricerca è mossa da emergenze cosi impellenti, ma scaturisce comunque da fattori di criticità che stimolano l'interesse dello studioso.  Nell'ambito della psicologia sociale, ad esempio, lo psicologo statunitense Stanley Milgram (1933-1984) condusse nel 1961 il suo esperimento sull'influenza dell'autorità (dimostrando che il principio di autorità può condurre i soggetti a compiere azioni in contrasto  con i loro valori morali) quando era iniziato da pochi mesi il processo contro il criminale di guerra nazista Adolf Eichmann.  Milgram era interessato a capire quali meccanismi psicologici potessero avere spinto i soldati tedeschi, durante la Seconda guerra mondiale, a eseguire gli ordini disumani che avevano ricevuto.

LE TEORIE E LE IPOTESI

Una teoria può essere definita come un insieme di proposizioni organicamente connesse, dotate di un alto livello di astrazione, proposte per spiegare o dare ragione di fatti empirici.  Nelle scienze umane, ad esempio, è una teoria quella sul suicidio elaborata da Emile Durkheim (1858-1917), la quale sostiene che il rischio di suicidio all'interno di una comunità è inversamente proporzionale al suo livello di integrazione sociale.  Una teoria si articola in una o più ipotesi specifiche;  un'ipotesi è una supposizione relativa a un determinato fenomeno o ambito di fenomeni, che si colloca a un livello di astrazione minore della teoria e che è formulata in modo da essere empiricamente controllabile.  


Ad esempio, dalla teoria durkheimiana sul suicidio, possiamo ricavare, l'ipotesi che in una società il tasso di suicidi diminuisca in tempo di guerra. Se manca la possibilità di un riscontro empirico, l'ipotesi resta una semplice supposizione, per quanto interessante o intrigante;  per questo la sua formulazione deve essere tale da indi- care indirettamente le esperienze necessarie a controllarne la plausibilità.  

I DATI EMPIRICI E LA LORO RILEVAZIONE

 Nella ricerca i "dati" sono le informazioni che il ricercatore si procura tramite procedure di tipo empirico.  Tali procedure si dividono essenzialmente in 2 tipi, sperimentali e non sperimentali.  Si tratta di una questione di fondo, in quanto l'esperimento differisce profondamente dagli altri metodi di ricerca perché chi ne fa uso non si limita a registrare delle informazioni acquisite con tecniche particolari, ma interviene attivamente sulla realtà da indagare  , modificando alcune condizioni e rilevando poi gli effetti di tale cambiamento. 


 Questa procedura, isolando determinati fattori all'interno della situazione di ricerca, riduce al minimo il rischio di distorsione dei risultati dovuto all'intervento di variabili estranee;  in più consente, a differenza della semplice raccolta empirica dei dati, di cogliere nessi causali tra gli eventi.  Tuttavia il disegno sperimentale non è sempre praticabile: la decisione di isolare determinate condizioni per analizzare in che modo il variare dell'una incida su quello dell'altra, infatti, presuppone che tali variabili siano Procedure sperimentali e non sperimentali state riconosciute come significative e importanti  , e tale riconoscimento può scaturire spesso solo da ricerche precedenti, condotte con metodi non sperimentali.  Inoltre il metodo sperimentale non si presta allo stesso modo per tutti gli ambiti disciplinari: il suo impiego è frequente in psicologia, in psicologia sociale, mentre è difficile farne uso in antropologia e sociologia.  Se il ricercatore opta per una procedura non sperimentale, deve decidere quale tecnica di rilevazione dei dati utilizza, scegliendo la più consona al suo lavoro;  un'osservazione diretta dei soggetti di studio, un'inchiesta su una popolazione condotta tramite interviste o questionario, il ricorso a tecniche di visualizzazione indirette come i questionari autodescrittivi o i test.  In antropologia è diffusa l'osservazione partecipante in cui lo studioso si mescola ai soggetti osservati;  in psicologia si opta spesso per osservazioni di laboratorio, condotte con protocolli rigidi e standardizzati.  Altre procedure di ricerca, seppur utilizzabili in varie forme, si abbinano più agevolmente a specifici ambiti disciplinari.  In sociologia è frequente l'uso di questionari e interviste con cui si conducono inchieste, ossia si interpella una popolazione  su un certo tema.  Se la popolazione è troppo ampia per condurre l'inchiesta in tempi ragionevoli, si fa uso di un campione cioè di un gruppo di soggetti che ne sia rappresentativo, scelto con procedura di estrazione particolari.  Il test è uno strumento tipicamente usato dagli psicologi, che sondano per suo determinato tratti psichici.  I questionari descrittivi, collaudati in psicologia sociale per lo studio degli atteggiamenti, sono oggi usati anche per la misurazione di altri tratti interiori.  Non esiste una tecnica in assoluto "migliore" di altre, ma solo la più idonea a una certa situazione, purché ovviamente ne sia fatto un uso metodologicamente coretto.

I CARATTERI E GLI INDICATORI

I dati interessano al ricercatore per via di alcuni aspetti o proprietà che li riguardano: nel linguaggio statistico  proprio perché possono variare, cioè assumere stati o valori differenti in soggetti e situazioni diversi.  Distinguiamo caratteri quantitativi (le cui modalità sono quantità, espresse da numeri) e caratteri qualitativi (le cui modalità sono semplici categorie, che non designano una specifica quantità della proprietà in questione).  


Sono del primo tipo, ad esempio, l'età di una persona, il numero dei componenti di un nucleo familiare, il tempo impiegato a svolgere un determinato compito, mentre sono del secondo tipo lo stato civile, la nazionalità, il  titolo di studio ecc.  I caratteri quantitativi sono discreti o discontinui se i numeri che ne esprimono le modalità appartengono all’incisione N dei numeri naturali ;sono invece continui se le loro modalità appartengono all'insieme R dei numeri reali (ad esempio, il tempo impiegato per svolgere un compito).  I caratteri qualitativi, sono ordinabili quelli le cui modalità possono essere dispote in un ordine gerarchico (ad esempio, il titolo di studio), sono non ordinabili invece quelli in cui tale ordine non esiste (è il caso della nazionalità o dello stato civile  ) .  




IN CHE COSA CONSISTE LA RICERCA

OLTRE IL CONSENSO

Il senso comune tende spesso a farsi un'idea semplificata e imprecisa della ricerca scientifica. Sia che pensi al lavoro del ricercatore nel campo delle scienze umane sia che immagini scenari di ricerca in quello delle scienze sociali, l’opinione comune tende  a credere che l'attività di ricerca consista semplicemente in una "raccolta" di informazioni che la realtà elargisce spontaneamente. 



 Il buon ricercatore, è colui che ha la pazienza e la perspicacia per "cogliere" i dati che la realtà gli offre, per notare i particolari, per individuare gli elementi di interesse  e infine  per giungere a formulare affermazioni certe o plausibili.  A questa concezione il senso comune ne accosta un'altra, che ha dirette implicazioni sul campo specifico del nostro discorso, ossia quello delle scienze umane.  Se fare ricerca significa semplicemente raccogliere i dati che si offrono alla nostra osservazione, ne consegue che ognuno si sente autorizzato a essere competente in merito, essendo i comportamenti umani e sociali costantemente sotto i nostri occhi e certamente più accessibili di molecole, atomi,  cellule e pianeti, di cui si occupano le scienze naturali Molte persone pensano - a torto - di essere buoni psicologi o eccellenti interpreti della realtà sociale, mentre probabilmente nessuno si arrogherebbe il titolo di biologo o di fisico senza averne una competenza specifica.

OLTRE IL PARADIGMA POSITIVISTA

Non solo il senso comune, ma anche la riflessione degli specialisti ha condiviso questa idea semplicistica della ricerca.  Nel XIX secolo il Positivismo- indirizzo di pensiero inaugurato da Auguste Comte , caratterizzato dall'esaltazione dello spirito scientifico e intenzionato a estendere la procedura delle scienze esatte allo studio della  realtà nel suo complesso-teorizzò un'idea del metodo scientifico molto semplice: lo scienziato sottopone a Osservazione i fenomeni, individua tra essi relazioni costanti e infine formula una legge, cioè una relazione che lega tali fenomeni in mode necessario. 



A fondamento del modello positivista della ricerca stava la fiducia nel processo di induzione  il procedimento logico mediante il quale ricaviamo conclusioni di carattere universale partendo da conoscenze relative a casi particolari,  attestati dall'esperienza e nella possibilità di accostarsi ai fenomeni senza disporre di idee o ipotesi preliminari che guidano la ricerca.  In questo senso esso faceva suo l'antico presupposto della filosofia empirista, teorizzato espressamente dal filosofo britannico John Locke: la mente è come un foglio bianco su cui solo l'esperienza può scrivere dei caratteri;  nell'accostarsi alla realtà, essa dispone solo di meccanismi formali, con cui accoglie e rielabora i materiali che riceve.  

LA RICERCA SECONDO L'EPISTENOLOGIA

 L'epistemologia è la branca della filosofia che si interroga sulla natura e sui fondamenti del sapere scientifico.   Nel XX secolo la riflessione epistemologica ha avuto una notevole rilevanza all'interno del dibattito filosofico, e in buona parte essa è stata dominata proprio dalla discussione critica del modello scientifico positivista, di cui ha messo in luce i nodi critici, La filosofia della scienza del  Novecento, all'interno della quale spiccano figure come quelle di Karl Popper (1902-1994), Thomas Kuhn (1922-1996), Paul Feyerabend ha messo in discussione proprio i due assunti chiave su cui il positivismo aveva costruito la sua nozione di ricerca scientifica.



In primo luogo, ha sottolineato la debolezza del principio di induzione: dall'esperienza di casi particolari, per quanto numerosi, non è possibile  ricavare una conoscenza certa di carattere universale, giacché molte conferme non sono sufficienti a garantire la bontà di un'affermazione generale, mentre una sola smentita è in grado di invalidarla. In secondo luogo, l'epistemologia novecentesca ha rifiutato l'idea che la ricerca possa iniziare dalla pura e semplice osservazione dei dati: quest'ultima, in realtà, presuppone sempre un qualche elemento teorico, che orienti l'interesse del ricercatore e  guidi la sua stessa osservazione, selezionando e organizzando i dati percettivi.

Le aspettative, le conoscenze, le ipotesi creano cioè prospettive diverse di osservazione, all'interno delle quali si trovano, in un certo senso, dati differenti.  Secondo una nota metafora del filosofo statunitense Norwood Hanson (1924-1967), i due astronomi Tycho Brahe e Keplero, in piedi su una collina all'alba con lo sguardo rivolto verso Oriente, non vedono la stessa cosa: il primo, seguace  della teoria geocentrica, "vede" il sole che si leva sull'orizzonte;  il secondo, che segue invece la teoria eliocentrica, "vede" l'orizzonte Scorrere sotto il sole immobile.  Sottolineare la presenza di presupposti teorici in ogni nostra esperienza del reale non significa tuttavia sminuire l'importanza del confronto con i dati empirici, di cui la ricerca si consustanzia: se, da una parte  , la teoria guida l'osservazione dei fatti, dall'altra i fatti osservati produce effetti importanti sulla teoria stessa, costringendo spesso il ricercatore a modificarla per adeguarla alle nuove scoperte.  E poiché, come abbiamo visto, una sola smentita empirica è sufficiente per smontare un intero costrutto teorico, fare ricerca significa allora cercare nell'esperienza e provare che può essere invalido la teoria di partenza, al fine di saggiarne la solidarietà: è questa la posizione di Popper del "falsificazionismo".

giovedì 8 aprile 2021

DOMANDE P.584

 1. Quale idea della ricerca ha il senso comune?


Il senso comune tende a farsi un'idea semplificata e imprecisa della ricerca scientifica. Sia se si pensa al lavoro del ricercatore nel campo delle scienze umane sia che si immagini scenari di ricerca nel campo delle scienze sociali, l'opinione comune tende a credere che l'attività di ricerca consista semplicemente in una raccolta di informazioni che la realtà elargisce spontaneamente. il buon ricercatore è colui che ha la pazienza e la perspicacia di cogliere i dati che la realtà gli offre, per poi arrivare a formulare affermazioni plausibili. a questa concezione il senso comune ne accosta un'altra, che a dirette implicazioni sul campo delle scienze umane. se fare ricerca significa raccogliere i dati che si offrono alla nostra osservazione, ne consegue che ognuno si sente autorizzato a essere competente in merito.


2. Quali sono i presupposti del modello positivista della ricerca scientifica?

Auguste Comte teorizzò un'idea del metodo scientifico molto semplice: lo scienziato sottopone a osservazione i fenomeni, individua tra essi relazioni costanti e infine formula una legge, cioè una relazione che lega questi fenomeni in modo necessario. a fondamento del modello positivista della ricerca stava la fiducia nel processo di induzione- il procedimento logico mediante il quale ricaviamo conclusioni di carattere universale partendo da conoscenze relative a casi particolari,attestati dall'esperienza- e nella possibilità di accostarsi ai fenomeni senza disporre di idee o ipotesi perliminari che possono guidare la ricerca.


3. In che senso l'episemologia ha smontato il principio di induzione?

in primo luogo ha sottolineato la debolezza del principio di induzione : dall'esperienza di casi particolari, per quanto numerosi, non è possibile ricavare una conoscenza certa di carattere universale. in secondo luogo, l'epistemologia novecentesca ha rifiutato l'idea che la ricerca possa iniziare dalla pura e semplice osservazione dei dati.


4. Che cosa sostiene il falsificazionismo di Popper?

Sottolineare la presenza di presupposti teorici in tutte le nostre esperienze del reale, non significa, tuttavia, sminuire l'importanza del confronto con i dati empirici,  di cui la ricerca si consustanzia: : se da un lato la teoria guida l'osservazione dei fatti, dall'altro i fatti osservati producono effetti importanti sulla teoria stessa, costringendo spesso il ricercatore a modificarla per adattarla a nuove scoperte.  E poiché, come abbiamo visto, una sola negazione empirica è sufficiente per smantellare un intero costrutto teorico, fare ricerca significa quindi cercare evidenze e situazioni nell'esperienza che possano invalidare la teoria di partenza, per testarne la solidità.  tentativo di confutazione: questa è la posizione di "falsificazionismo" di Popper. 

venerdì 26 marzo 2021

DOMANDE P 424

 VERIFICA 



A il contenuto dei romanzi d’appendice è prevalentemente storico-documentario. Vero

B per i fratelli lumiere il cinema aveva soprattutto una funzione documentaristica. Vero

C nella società di massa i diversi ambiti dell’industria culturale tendono a evitare ogni forma di commistione. Falso

D il fotoromanzo nasce destinato soprattutto a un pubblico femminile di livello sociale medio-basso. Vero

E al suo sorgere la televisione italiana si ispira al modello britannico de servizio pubblico. Falso


2

  • A L’avvento del disco ha modificato la fruizione sociale della musica perché ha avvicinato alla musica fasce più ampie di popolazione 
  • B con l’espressione information overload si intende il sovraccarico di informazioni a cui spesso è esposto l’utente di internet, e le conseguente difficoltà di gestire le stesse criticamente
  • C secondo moron un tratto essenziale della cultura di massa è il suo carattere cosmopolita.

3

A genere di rivista prevalentemente incentrato su argomenti di attualità -> rotocalco

B nella terminologia di eco, intellettuale per nulla disposto a venire a patti con la cultura di massa e strenuo difensore di una concezione aristocratica del sapere -> apocalittico

C termine inglese che indica la tipologia di programma televisivo oggi prevalente, caratterizzata da una mescolanza di informazioni e divertimento-> infotainment


4

Qual è l’elemento innovativo introdotto nella cinematografia da me lies e da grittith. Con il primo la ripresa cinematografica cessò di essere metà documentazione dell’esistente per diventare messa in scena di situazioni fantastiche. Al secondo dobbiamo la grammatica del cinema e la consapevolezza del potenziale ideologico e pedagogico-sociale.


In che cosa consiste l’interpretazione dell’industria culturale sostenuta da adorno e Horkheimer.

I due introducono il concetto di industria culturale, caricando però questa espressione di un’accezuone fortemente negativa: intendono riferirsi al complesso dei prodotti e delle strategie di distribuzione nati dalla colonizzazione economica della sfera culturale, ovvero a quel fenomeno tipico della società industriale avanzata che finisce per asservire la cultura a scopi che le sono estranei: controllo sociale, cattura del consenso...


5

Principali caratteristiche dell’industria culturale 

Complesso dei soggetti e delle attività economiche che, nella società industriale avanzata, si occupano della produzione e della distribuzione di beni e servizi culturali.

Stampa., libro, fumetto, fotografia, cinema, musica....



TESTO 1

Tutti pazzi per wiki

Quali informazioni si possono trovare su Wikipedia

Wiki e il principale strumento di ricerca dopo Google. Troviamo la biografia di don Draper, Garibaldi, la lista dei papi polacchi, la lista opere postume, o la partita di basket un cui wilt chamberlain segno 100 punti.

Secondo Wales in che modo Wiki potrà diventare sempre più attendibile?

Le persone con una visione molto semplicistica delle cose potrebbe dire: be visto che è aperta a tutti e sicuramente inaffidabile. Ma lui è pronto a rispondere: in realtà abbiamo scoperto che più rendiamo aperta Wikipedia e poi diventa attendibile. Dobbiamo solo affrontare i problemi senza intaccare ciò che c è di buono. Spesso le informazioni riportate in maniera errata sono solo stupidi atti di vandalismo che durano un minuto perché loro modificano il software è individuano nuovi modi per minimizzare questi interventi.

Perché a Wales non interessa il profitto?

Perché si trattava di un progetto a cui stava lavorando solo per hobby. Non c entra alcun modello commerciale a cui ispirarsi: gli incassi pubblicitari erano a zero e i giorni del boom erano un ricordo. Non avendo modo di trovare investimenti non potevano nemmeno assumere persone, quindi hanno coinvolto dei volontari. Per questo hanno scelto no profit

martedì 16 marzo 2021

DOMANDE P. 419



 A chi e a che cosa rimandano le espressioni apocalittici e integrati?

Nella terminologia di Eco, apocalittico, vuol dire intellettuale che non viene a patti con la cultura di massa e che si propone come difensore di una concezione aristocratica del sapere. 

Integrato, nel linguaggio di Eco, è l'intelletuale disposto ad accettare la cultura di massa e ad utilizzarne gli strumenti.

Quando si registrano le prime reazioni contro la scoietà di massa?

Già a cavallo tra Ottocento e Novecento, filosofi come Friedrich Nietzsche  e psicosociologi come Gustave Le Bon  espressero la loro preoccupazione rispetto alla crescente rilevanza sociale delle "masse" da loro intese come moltitudini sprovviste di autonomia intellettuale e facilmente manipolabili dall'esterno, incapaci di fare valere altre prerogative se non quella della consistenza numerica.  La disamina forse più spietata della società di massa, vista come decadenza inesorabile della civiltà occidentale, si trova nel saggio La ribellione delle masse  del filosofo spagnolo José Ortega y Gasset . In quest'opera lo studioso, preoccupato di spiegare la deriva populistica della storia europea di inizio Novecento , cerca di individuare il "tipo umano" a essa corrispondente e lo identifica nell'uomo- massa figlio della civiltà industriale, privo di valori e di memoria storica, preoccupato solo di difendere il proprio benessere materiale. Si noti che la “massa" a cui si riferisce Ortega non si identifica con le classi popolari, ma costituisce una realtà trasversale al corpo sociale, nata da quell'appiattimento generale delle condizioni e delle idee che, nelle società occidentali contemporanee, omogeneizza gli uomini al di là delle tradizionali distinzioni di nascita, ceto, censo e così via.

Chi furono i primi intellettuali a introdurre il concetto die industria culturale e con quale accezione?

Nel 1947 Theodor Adorno  e Max Horkheimer, esponenti della Scuola di Francoforte, scrivono a quattro mani il saggio intitolato Dialettica dell'lluminismo, un testo volto a indagare le degenerazioni del razionalismo occidentale - di | cui l'Illuminismo settecentesco è figura emblematica – nella moderna società industriale. Secondo gli autori la ragione novecentesca non è più, come nei secoli passati, lo strumento di dominio della natura, ma si è trasformata in un organo di controllo e di assevimento degli esseri umani. 

È proprio in questo contesto che i due filosofi introducono  il concetto di “industria culturale", caricando però tale espressione di un'accezione fortemente negativa: essi intendono infatti riferirsi al complesso dei prodotti e delle strategie di distribuzione nati dalla colonizzazione economica della sfera culturale, ovvero a quel fenomeno tipico della società industriale avanzata che finisce per asservire la cultura a scopi che le sono estranei: controllo sociale, cattura del consenso, promozione di stili e modelli di vita funzionali a una civiltà consumistica.  L'industria culturale si avvale soprattutto dei canali della comunicazione di massa (giornali, TV, cinema) e mette sul mercato prodotti standardizzati, qualitativamente mediocri, costruiti in modo da impoverire nel.consumatore l'immaginazione e il senso critico, lasciandogli però l'illusione di essere sovrano delle sue scelte e dei suoi gusti

DOMANDE P.416

 


Che cos’è la cultura di massa?

Caratterizzata dal graduale accesso delle masse popolari alla sfera dei consumi e alle diverse forme di partecipazione politica e culturale.

Quali sono i nuovi percorsi dell’editoria nella società di massa?

L’industria del libro si arricchisce di nuovi generi e proposte. Nasce L letteratura per bambini, per ragazzi e per signore. Si pubblicano libri di cucina, fotografia, sport, guide turistiche...

Vengono divulgate nuove grandi opere dell letteratura in edizione tascabile. Anche la lettura come pratica sociale si trasforma, non è più un momento di incontro con un autore e con il suo mondo ma un piacevole passatempo che si consuma anche in situazioni di relax.

L pratica della lettura conosce nuove strade: fascicoli, depliant, fumetti, riviste...

Si introducono fotografie all interno delle pagine .

Vengono introdotti argomenti tabù, il sesso fa capolino sulle copertine dei giornali attraverso corpi poco vestiti..

In che cosa consiste l’infotainment?

Nella neotelevisione si assiste a un radicale stravolgimento: si dilata la giornata televisiva, con un flusso continuo di programmi che coprono le 24 ore; i 3 generi della tv tradizionale si riducono progressivamente a uno solo, un misto di informazioni e divertimento definito infotainment(information + entrataiement).

Quali sono le caratteristiche della cultura nell’era del digitale?

Nascono i “new media”, tutti incentrati sull’uso del computer e delle sue applicazioni.  Questo ha portato nuove strade per la circolazione di idee e conoscenze.

I libri, si trasformano in e-book, versioni digitali dei testi. Il libro diventa uno strumento più asettico e impersonale. Il testo elettronico permette collegamenti ipertestuali, ricerca automatica di passi e citazioni. 

Anche L attività di studio e cambiata, adesso abbiamo enciclopedie digitali.

GLI INTELLETTUALI DI FRONTE ALLA CULTURA DI MASSA

 APOCALITTICI O INTEGRATI



Nel linguaggio di Eco, "apocalittici" sono quegli intellettuali per nulla disposti a venire a patti con la cultura di massa, strenui difensori di una concezione aristocratica del sapere. L'intellettuale apocalittico disprezza le letture poco impegnate, i rotocalchi, i programmi televisivi e radiofonici, ma soprattutto non accetta l'idea che la cultura o, in generale la conoscenza possano essere patrimonio di molti. Per l'apocalittico la cultura di massa è "anticultura": in questo senso il suo atteggiamento di rifiuto è rivolto, a ben guardare, alla società di massa e a ciò che essa rappresenta a livello politico e/o ideologico. Per converso, gli "integrati" sono convinti che la civiltà di massa consenta un allargamento della base sociale della cultura e che produca un sapere che forse per la prima volta nella storia è davvero universale, condivisibile da tutti i membri di una società. Questo costituisce, a giudizio dell'intellettuale integrato, una risposta sufficiente a tutte le critiche che si possano muovere alla cultura di massa. Ma l'integrato non si limita  a  difendere o a giustificare la società di massa e la sua cultura in linea teorica, ma ne utilizza anche gli strumenti, servendosi dei mass media e scrivendo libri divulgativi, oppure  non disdegnando né i canali radiofonici e televisivi, né la rete Apocalittici e integrati sono naturalmente due idealtipi: la posizione concreta del singolo intellettuale è spesso una commistione di questi due atteggiamenti, che talvolta tende a inclinare maggiormente verso l'uno o verso l'altro. La contrapposizione ha comunque una validità euristica, in quanto identifica due visioni diverse, in un certo senso alternative, della cultura e del suo ruolo all'interno della società.

LE PRIME REAZIONI CONTRO LA SOCIETà DI MASSA



Già a cavallo tra Ottocento e Novecento, filosofi come Friedrich Nietzsche  e psicosociologi come Gustave Le Bon  espressero la loro preoccupazione rispetto alla crescente rilevanza sociale delle "masse" da loro intese come moltitudini sprovviste di autonomia intellettuale e facilmente manipolabili dall'esterno, incapaci di fare valere altre prerogative se non quella della consistenza numerica. Una possibile definizione della "massa" in opposizione ad altre forme di aggregazione si trova nel saggio Massa, pubblico e pubblica opinione del sociologo statunitense Herbert Blumer. Secondo Blumer, mentre  il pubblico è un gruppo di persone che si costituisce intorno a un determinato tema o problema che apre un dibattito  per confrontare le diverse idee su come affrontarlo, la massa è un aggregato  eterogeneo, privo di autocoscienza e di identità, incapace di organizzazione collettiva. Per la distanza spaziale che intercorre tra i suoi membri e la condizione di anonimato che caratterizza ognuno di essi, la massa si distingue anche dalla folla, con la quale condivide invece l'assenza di strutturazione e la condotta non razionale. Se il pubblico può formarsi un'opinione mediante il confronto delle prospettive individuali, la massa può solo accoglierla passivamente: non esiste infatti una vera e propria interazione tra i singoli soggetti, ma solo la relazione che collega ognuno di loro, isolato dagli altri, con l'informazione ricevuta grazie ai mezzi di comunicazione. La disamina forse più spietata della società di massa, vista come decadenza inesorabile della civiltà occidentale, si trova nel saggio La ribellione delle masse  del filosofo spagnolo José Ortega y Gasset . In quest'opera lo studioso, preoccupato di spiegare la deriva populistica della storia europea di inizio Novecento , cerca di individuare il "tipo umano" a essa corrispondente e lo identifica nell'uomo- massa figlio della civiltà industriale, privo di valori e di memoria storica, preoccupato solo di difendere il proprio benessere materiale. Si noti che la “massa" a cui si riferisce Ortega non si identifica con le classi popolari, ma costituisce una realtà trasversale al corpo sociale, nata da quell'appiattimento generale delle condizioni e delle idee che, nelle società occidentali contemporanee, omogeneizza gli uomini al di là delle tradizionali distinzioni di nascita, ceto, censo e così via.

LE ANALISI DELL'INDUSTRIA CULTURALE NEL SECOLO DOPOGUERRA



Nel 1947 Theodor Adorno  e Max Horkheimer, esponenti della Scuola di Francoforte, scrivono a quattro mani il saggio intitolato Dialettica dell'lluminismo, un testo volto a indagare le degenerazioni del razionalismo occidentale - di | cui l'Illuminismo settecentesco è figura emblematica – nella moderna società industriale. Secondo gli autori la ragione novecentesca non è più, come nei secoli passati, lo strumento di dominio della natura, ma si è trasformata in un organo di controllo e di assevimento degli esseri umani. 

È proprio in questo contesto che i due filosofi introducono  il concetto di “industria culturale", caricando però tale espressione di un'accezione fortemente negativa: essi intendono infatti riferirsi al complesso dei prodotti e delle strategie di distribuzione nati dalla colonizzazione economica della sfera culturale, ovvero a quel fenomeno tipico della società industriale avanzata che finisce per asservire la cultura a scopi che le sono estranei: controllo sociale, cattura del consenso, promozione di stili e modelli di vita funzionali a una civiltà consumistica.  L'industria culturale si avvale soprattutto dei canali della comunicazione di massa (giornali, TV, cinema) e mette sul mercato prodotti standardizzati, qualitativamente mediocri, costruiti in modo da impoverire nel.consumatore l'immaginazione e il senso critico, lasciandogli però l'illusione di essere sovrano delle sue scelte e dei suoi gusti. Benché l'industria culturale sia un fenomeno tipico della società di massa, per Adorno e Horkheimer essa non può essere definita "cultura di massa": questo appellativo genererebbe infatti l'erronea convinzione che si tratti di qualcosa che scaturisce in modo spontaneo dalle masse stesse, in opposizione alla cultura d'élite. L'individuo della società di massa, invece, è decisamente eterodiretto, soggetto passivo di una cultura che non è lui a elaborare, ma che piuttosto lo "crea" a misura dei propri imperativi e valori. Un ridimensionamento della posizione fortemente pessimistica dei Francofortesi viene da parte del filosofo e sociologo francese Edgar Morin. Morin parte dall'assunto secondo il quale la cultura di massa va compresa, più che demonizzata: per questo motivo non deve essere analizzata con le chiavi di lettura della cultura "alta", tradizionale, ma letta "dall'interno", come parte integrante della società in cui viviamo. "Cultura", sostiene Morin, è un termine relativo; in ogni società coesi stono più culture: la cultura nazionale, la cultura religiosa, la cultura umanistica ecc, ciascuna delle quali costituisce un corpus di simboli, miti e norme che orientano la vita e il pensiero delle persone. Anche la cultura di massa rientra in questo contesto e interagisce con le altre culture: essa può dunque accogliere in sé i loro elementi, ma anche permearle dei propri contenuti fino al punto di modificarle e corroderle. Benché la cultura di massa non sia l'unica cultura del XX secolo, tuttavia secondo Morin essa ha una prerogativa peculiare: è per sua natura cosmopolita e planetaria, e in questo senso si presenta come qualcosa di radicalmente nuovo rispetto a tutte le altre, Ovvero come la prima cultura veramente "universale" nella storia dell'umanità.

NUOVI STRUMENTI E NUOVI ASSETTI PER LA CULTURA

 NUOVI STRUMENTI E NUOVI ASSETTI PER LA CULTURA



Un aspetto importante dell'industria culturale nella società di massa è la sinergia che si viene a creare tra i vari ambiti. La fotografia presta i suoi servigi alla stampa quotidiana e periodica; la pubblicità utilizza i volti dei personaggi dello spettacolo conosciuti dalla gente attraverso giornali e Tv, e utilizza spesso come jingle brani musicali di successo; la radio trasmette canzoni e melodie che si possono ascoltare acquistando un CD. Anche i generi "trapassano" da un settore all'altro: la fantascienza nasce in ambito letterario, ma presto si afferma anche nel cinema e nel fumetto; le sceneggiature dei film più famosi diventano libri da leggere (e viceversa). Questa tendenza alla commistione genera anche alcuni tentativi di contaminazione con i prodotti della cultura "alta": così le  grandi opere della letteratura diventano sceneggiati televisivi, e i musicisti di estrazione rock cercano soluzioni espressive che recuperano forme e sonorità della musica classica. Un ulteriore aspetto da tenere presente è la "colonizzazione" che i prodotti della cultura di massa finiscono per operare in tutti gli ambiti della vita quotidiana. Non esiste uno spazio che essi non riempiano: la lettura, l'ascolto di musica, per non parlare dal fruizione di radio e TV, non si collocano in precisi spazi della giornata, ma costituiscono per così dire il "sottofondo" dell'intera esperienza quotidiana. A ciò si aggiungono il progressivo "contrarsi" entro le mura domestiche di certe forme di fruizione culturale  e l'affermarsi tra i consumatori pratiche di svago legate all'uso dilettantistico di tecnologie culturali.

LA FABBRICA DELL'IMMAGINARIO



Un'altra fondamentale caratteristica dell'industria culturale del Novecento, ben messa in evidenza dallo studioso francese Edgar Morin, è il suo costituirsi come una sorta di mitologia. Come ogni forma di cultura, anche l'industria culturale ha le proprie divinità e i propri eroi, e un Olimpo costituito dallo spettacolo, ovvero da quella dimensione in cui il fruitore sperimenta in modo potente l'esperienza di evasione fantastica dalla realtà. Gli "dei", o i divi, della cultura di massa sono pertanto personaggi dello spettacolo: attori, cantanti di successo, campioni sportivi, ma anche personaggi della politica, scienziati e tenze e così via. Ma quali meccanismi psicologici e sociali presiedono a un simile fenomeno? Nel processo di "divinizzazione" dei protagonisti del mondo dello spettacolo entrano probabilmente in gioco due spinte complementari: una è quella che Umberto Eco definisce «riduzione all'everyman»: la gente ama la possibilità di riconoscersi nei personaggi dello spettacolo identificandosi in qualche modo con le loro qualità ed esperienze. In un saggio del 1963 intitolato Fenomenologia di Mike Bongiorno – dedicato al conduttore televisivo che è stato una vera icona della TV per diversi decenni –, Eco propone a questo riguardo l'esempio del noto conduttore televisivo, il quale a suo giudizio non eccelle né per bellezza, né per intelligenza, né per cultura, e proprio per questo “tranquillizza" coloro che lo seguono.  La seconda spinta è invece costituita dal fatto che i personaggi dello spettacolo danno corpo ad aspirazioni che la gente comune non può realizzare: la loro vita è sapientemente dipinta dai media come un perpetuo "tempo libero", come libera da restrizioni economiche e da eccessive inibizioni morali, e come governata esclusivamente dalla ricerca della felicità e della realizzazione personale. È dunque naturale che la ricchezza, la bellezza e il fascino del divo o della diva, la supposta facilità con cui essi possono esaudire i loro desideri e, soprattutto, la "visibilità" di cui godono agli occhi degli altri li rendano oggetto di perpetua invidia e ammirazione.

LA CULTURA NELL'ERA DEL DIGITALE



Una riflessione specifica va dedicata agli effetti prodotti dalla rivoluzione telematica, cioè dall'irruzione delle tecnologie informatiche nel campo della comunicazione e della cultura. A questo proposito, va innanzitutto ricordata la nascita di nuovi strumenti di comunicazione, i cosiddetti “new media", tutti incentrati sull’uso del computer e delle sue applicazioni: Internet, posta elettronica ecc. Ciò ha aperto nuove strade per la circolazione delle idee e delle conoscenze, e per i processi di apprendimento/insegnamento a essa collegati. Ad esempio, i libri in formato cartaceo, tradizionali supporti di attività come la lettura e lo studio, vengono affiancati  dagli e-book, versioni digitali dei testi diffuse liberamente sulla rete o scaricabili a pagamento. Questo fenomeno modificato sensibilmente la pratica della lettura: il libro non è più l'oggetto fisico che ci appartiene in maniera esclusiva, spesso personalizzato con scritte o altre modalità di utilizzo, ma uno strumento più asettico e impersonale, in cui però la perdita di valore affettivo viene compensata dall'acquisizione di nuove forme di fruizione: il testo elettronico permette |Anche l'attività di studio e di ricerca tradizionalmente legata ai libri e alle enciclopedie è progressivamente mutata: come fonte di nuove informazioni o di approfondimento delle proprie conoscenze, specialmente tra i giovani, viene utilizzato il web e molti siti hanno pertanto creato apposite enciclopedie digitali, periodicamente aggiornate, in cui è possibile, in modo pratico e veloce, cercare i dati di cui si ha bisogno. È bene però ricordare che si tratta di una modalità di studio e di ricerca non scevra di rischi: specialmente per lo studente ancora inesperto, è infatti piuttosto difficile districsi tra la molteplicità di informazioni disponibili in rete e soprattutto coglierne il diverso grado di validità e affidabilità, distinguendo, ad esempio, tra un corso di let ratura on-line offerto da una struttura universitaria  e un riassunto su Manzoni o Pirandello presentato su un blog. Per non parlare del rischio che le informazioni raccolte vengano assemblate frettolosamente dal fruitore, perdendo il necessario riferimento alla loro paternità e al contesto che le ha generate: la frase «l'ho trovato su Internet» ), spesso pronunciata dallo studente a garanzia della "bontà" del materiale che presenta, rimanda in realtà a un universo culturale "acefalo", dove tutti parlano ma in cui non si sa chi veramente sia l'autore di ciò che si legge o si ascolta.

CHE FINE HA FATTO L'AUTORE



Da quanto abbiamo detto si comprende in che senso si parli oggi di “fine dell'autore inteso come colui che detiene il monopolio materiale e morale delle idee e delle conoscenze che circolano nell’universo culturale.  A questa stessa considerazione riguardo al sistema culturale attuale siamo però condotti   anche per un'altra via. L'avvento delle tecnologie digitali ha infatti reso possibile ciò ce che nelle epoche precedenti era precluso, ossia la riproduzione di un'opera in un numero potenzialmente infinito di copie perfette: la copia elettronica di un libro, di un link musicale o di un video “è" quell'opera tanto quanto l'originale da cui è stata tratta. Il fenomeno apre questioni spinose sia da un punto di vista etico sia da un punto di legale, principalmente in rapporto al problema del diritto d'autore (o copyright). Con questa formula si indica il fatto che le legislazioni dei vari paesi riconoscono all'autore di un'opera  una posizione giuridica privilegiata nei confronti della sua creazione, attribuendogli la facoltà esclusiva di diffonderla e sfruttarla economicamente. È evidente che le moderne tecnologie informatiche - e in particolare i sistemi di condivisione dei file, grazie ai quali gli utenti possono scambiarsi via Internet brani musicali, film e prodotti analoghi  mettono oggi in discussione il principio giuridico del diritto d'autore.  In opposizione ai sostenitori del copyright è nato, in ambito informatico, un movimento di pensiero detto del software libero (free software), Questo movimento, che fa capo a diversi studiosi, tra cui l'ingegnere e programmatore statunitense Richard Stallman , intende garantire la libertà di copia, di distribuzione e di variazione dei programmi informatici. I teorici del software libero partono dal principio generale secondo cui la condivisione del sapere è un valore supremo, del quale la privatizzazione delle opere  intellettuali a fini commerciali rappresenta la violazione più marcata. Essi ritengono che il diritto d'autore, nato per salvaguardare autori e fruitori , abbia finito con il tempo per tutelare solo gli interessi economici delle aziende produttrici e distributrici, alle quali va la maggior parte dei guadagni delle vendite. Propongono quindi forme alternative di tutela della proprietà intellettuale, mediante licenze che accompagnino l'opera trasmettendo i diritti del suo autore a chi ne entra in possesso successivamente. Questa filosofia globale, che dall'ambito informatico si è estesa ad abbracciare virtualmente tutti i prodotti intellettuali, è spesso riassunta con la formula, intraducibile in italiano, copyleft.

L'INDUSTRIA CULTURALE NELLA SCOIETà DI MASSA

UNA NUOVA REALTà  STORICO-SOCIALE



Possiamo individuare alcuni fattori che caratterizzano la società occidentale del Novecento e che in qualche modo influiscono sugli sviluppi dell'industria culturale in tutti i suoi settori. Il primo di questi fattori è  l'allargamento della sfera dei consumatori, conseguente al miglioramento delle condizioni economiche delle classi popolari e al diffondersi di stili di vita basati sul godimento e sulla fruizione di beni e prodotti diversi. La disponibilità di redditi più alti, unita allo spirito di emulazione nei confronti dei ceti socialmente più elevati, spinge fin dai primi decenni del Novecento anche fasce di popolazione fino ad allora estromesse dai circuiti del consumo culturale a riempire non solo la dispensa o il guardaroba, ma anche gli scaffali della libreria, acquistando libri riviste, dischi e altri prodotti di questo genere.

 A ciò va aggiunta l'accresciuta scolarizzazione della società, che fornisce a un numero sempre più ampio di individui gli strumenti di base e gli stimoli intellettuali per accedere ai consumi culturali. Ma l'incremento della scolarizzazione influisce sulla trasformazione dell'industria culturale anche per altre vie, e cioè: creando lo specifico settore dell'editoria dei testi scolastici; ritardando l'ingresso dei ragazzi e delle ragazze nel mondo del lavoro, contribuendo così indirettamente a creare la figura sociale del "giovane", specifico target del sistema produttivo anche per quel che riguarda il settore dei consumi culturali.

Un altro fattore importante da considerare è l'accresciuta centralità delle masse popolari come soggetto politico. La conquista del suffragio elettorale universale in quasi tutti i paesi dell'Occidente e i traguardi raggiunti dal proletariato urbano grazie alle grandi manifestazioni di piazza che lo vedono protagonista costringono i governi dei varı Stati a confrontarsi con questo nuovo soggetto politico e sociale. Per i regimi dittatoriali come per le democrazie diventa pertanto fondamentale la ricerca del consenso, ovvero la conquista dell'appoggio delle masse popolari al fine di catturarne il voto e di prevenirne l'opposizione. Giornali, libri e film diventano così importanti strumenti di propaganda politica, soprattutto presso i sistemi totalitari. Anche i nuovi media come la radio e la televisione, che nascono in questo secolo, svolgono un importante ruolo in tal senso: l'industria culturale diventa il veicolo privilegiato per la trasmissione delle idee e il suo contributo si fa fondamentale per la gestione del potere. 


I NUOVI PERCORSI DELL'EDITORIA

Il settore dell'editoria conosce nella società di massa una crescita senza precedenti, e in una pluralità di direzioni. L'industria del libro si arricchisce di nuovi generi e proposte: l'idea di fondo è quella di confezionare prodotti ad hoc per ogni utenza e situazione, venendo incontro ai bisogni del pubblico e anzi precorrendone e orientandone le richieste. Nasce così una letteratura per bambini, per ragazzi, per signore ecc.; si pubblicano libri di cucina, di fotografia, di sport, guide turistiche, manuali di ricamo o di bricolage, saggi su temi di politica e di costume. Al potenziale acquirente che entra in una libreria viene proposta un'offerta sempre più ampia e differenziata di prodotti, simile a quella che caratterizza un negozio di capi di abbigliamento. Parallelamente, vengono divulgate le grandi opere della letteratura in edizione tascabile e i nuovi volumi, di dimensioni contenute ed economicamente più accessibili, vengono talora offerti come supplementi dei periodici o dei quotidiani. Anche la lettura come pratica sociale si trasforma: spesso non è più un momento di incontro con un autore e con il suo mondo intellettuale, ma un piacevole passatempo che si può "consumare" anche in situazioni di totale relax; e analogamente si trasforma il libro, che si offre come oggetto collocabile a metà strada tra lo "scrigno", colmo di oggetti tra i quali curiosare, e il "formulario magico", che contiene una risposta pronta per ogni necessità. La pratica della lettura conosce però nel corso del XX secolo anche nuove strade, che non portano al libro, ma ad altri prodotti editoriali: giornali, riviste, fumetti, ma anche fascicoli e dépliant, tutti legati allo sviluppo delle comunicazioni di massa. Anche in questo ambito si assiste a un processo di "segmentazione" dell'utenza: si pubblicano riviste per un'utenza femminile, per l'infanzia e per molteplici fasce specifiche di lettori, come gli appassionati di sport o di motori. La possibilità, grazie alle evoluzioni tecnologiche, di introdurre fotografie all'interno della pagina stampata favorisce inoltre la nascita di un nuovo tipo di rivista, il rotocalco, che, prevalentemente incentrato su temi di attualità, stabilisce una sorta di sinergia tra diverse forme di comunicazione di massa: le pagine delle riviste presentano infatti anche immagini di personaggi del cinema e della TV, contribuendo alla loro consacrazione nell'immaginario collettivo. Le nuove pubblicazioni favoriscono poi lo "sdoganamento" di argomenti tradizionalmente tabù: il sesso fa capolino sulle copertine dei giornali attraverso i corpi poco vestiti di bellissime dive dello spettacolo. Vera icona di questo genere è la rivista “Playboy", che esce per la prima volta nel 1953 con le foto di Marilyn Monroe, la più rappresentativa sex symbol del momento. A partire dal secondo dopoguerra, molte riviste italiane cominciano a ospitare un nuovo genere di intrattenimento: i fotoromanzi, racconti narrati attraverso sequenze di fotografie corredate da didascalie e balloons, interpretati da attori e attrici professionisti. Rivolto prevalentemente a un pubblico femminile di estrazione sociale medio-bassa, il fotoromanzo presenta i tipici contenuti del romanzo rosa: amore contrastato, incomprensione, tradimento, sofferenza e riscatto, e l'immancabile lieto fine. Il successo riscosso da questo nuovo genere induce gli editori a utilizzarlo anche per altri scopi: alcuni settimanali cattolici, ad esempio, scelgono di raccontare in forma di foto- romanzo le vite dei santi o le grandi opere della letteratura mondiale.


LA CULTURA DELLA TV


La fisionomia peculiare che l'industria culturale assume nel Novecento scaturisce soprattutto dalle trasformazioni che in quel periodo investono il mondo delle comunicazioni di massa. La nascita di nuovi media (la radio e la televisione, ma soprattutto nuovi strumenti prodotti dalla rivoluzione informatica) e la definitiva consacrazione di  media già esistenti (ad esempio, il cinema) finiscono per generare quell'identificazione tra cultura e comunicazione che è forse il tratto più tipico della società di massa nel senso che il sistema di conoscenze, di simboli, di credenze condivise che la identificano passa attraverso i canali della comunicazione di massa. La TV è forse l'icona più rappresentativa di questo nuovo assetto. La sua nascita come strumento di comunicazione di massa risale al periodo tra le due guerre mondiali, quando sia in Europa sia negli Stati Uniti vengono inaugurate le prime tecniche di trasmissione a distanza di contenuti visivi e sonori. Negli anni successivi, quando il nuovo medium si diffonderà nei principali paesi industrializzati, Gran Bretagna e Stati Uniti costituiranno i due modelli di riferimento per la definizione della sua funzione sociale:  servizio pubblico gestito direttamente dallo Stato (sul modello della britannica BBC) o impresa affidata alla libera iniziativa privata e finanziata dagli introiti pubblicitari, come le molteplici emittenti via cavo presenti sul territorio statunitense. In Italia, dove le prime trasmissioni televisive cominciano nel gennaio 1954, si afferma decisamente il primo modello, legato all'idea secondo cui la tv deve avere 3 scopi fondamentali: istruire, educare, divertire. Solo alla fine degli anni Settanta, quando una sentenza della Corte costituzionale decreta la fine del monopolio radiotelevisivo di Stato, nascono le prime televisioni private, create da editori, giornalisti, imprenditori. Per comprendere il ruolo progressivamente assunto dalla televisione all'in- terno dell'industria culturale è utile ricorrere a una distinzione introdotta dal noto studioso italiano Umberto Eco, e accolta da molti studiosi di mass media: quella tra paleotelevisione (la "vecchia" Tv) e neotelevisione (la “nuova" Tv). Eco introduce questa distinzione in riferimento alla televisione italiana, ma le sue riflessioni possono riferirsi, più in generale, all'evoluzione storica del mezzo televisivo. La paleotelevisione è la TV delle origini: essa si caratterizza per mezzi tecnici ancora modesti (le immagini sono in bianco e nero) e un palinsesto limitato sia quantitativa- mente sia qualitativamente (le ore di trasmissione sono contenute e i programmi sono imperniati su generi: cultura, informazione, divertimento). Soprattutto, la paleotelevisione è effettivamente un medium, cioè un mezzo che mette in rapporto lo spettatore con ciò che viene trasmesso: un fatto di cronaca, uno spettacolo, un dibattito politico o culturale. Nella neotelevisione - che nasce con il diffondersi delle emittenti private, ma ben presto lo stesso servizio pubblico - si assiste a un radicale stravolgimento di assetto: si dilata la giornata televisiva, con un flusso continuo di programmi che coprono le 24 ore; i 3 generi della TV tradizionale si riducono progressivamente a uno solo e misto di informazione e divertimento definito da alcuni studiosi infotainment (dall'inglese information + entertainment). Inoltre, ed è questa forse la trasformazione decisiva i neotelevisione parla praticamente solo di se stessa: da strumento di informazione su una "realtà" che si presume autonomamente esistente, essa diventa fonte di realtà. Nella neotelevisione, sia pubblica sia privata, la principale risorsa economica è la pubblicità nelle sue varie forme: spot, sponsorizzazione di programmi, televendite. La centralità del ruolo economico delle aziende, che acquistando spazi pubblicitari garantiscono la sopravvivenza della rete, si ripercuote sul rapporto televisione-spettatore; quest'ultimo è visto non più come un cittadino da informare, ma come un consumatore da blandire e lusingare allo scopo di conquistarne la fiducia

mercoledì 3 marzo 2021

DOMANDE P.406

 1. Quando e perchè nasce l'industria culturale?


Con l'espressione industria culturale indichiamo il complesso dei soggetti e delle attività economiche che si occupano della produzione e della distribuzione di beni e servizi culturali. L'industria culturale copre Dunque ambiti della vita sociale che appartengono alla nostra percezione abituale della realtà e con i quali, veniamo frequentemente in contatto: il mondo dell'editoria, le case discografiche, l'industria cinematografica, i mezzi di comunicazione di massa. Parola come "industria" e "cultura" corrono con una certa frequenza nei nostri discorsi e con un significato tutto sommato piuttosto definito:

  •  quando parliamo di industria, abbiamo in mente il complesso delle attività produttive che trasformano le materie prime in merce di consumo. Si tratta di un fenomeno che a partire dal XVIII secolo, avviene Grazie all'investimento di ingenti capitali e all'uso di macchinari che permettono la realizzazione in serie di una grande quantità di prodotti.
  • Quanto al termine cultura, l'accezione principale con cui Esse ricorre nel linguaggio quotidiano è quello di tipo classico-umanistico: cultura è complesso delle esperienze intellettuali di una civiltà depositato nelle opere letterarie, musicali, artistiche, nelle teorie scientifiche filosofiche e in generale l'insieme di idee e simboli che formano l'universo del sapere.

2. A opera di chi prende avvio la stampa popolare?

Il 3 settembre 1833 a New York, una nuova presenza si aggira per le strade della città. Sono gli strilloni, ragazzini incaricati di vendere ai passanti il New york-sun, Edito da Benjamin Henry Day. Il prezzo modico e lo slogan accattivante con cui il giornale si presenta, it shines for all, mostrano la Chiara volontà dell'editore di raggiungere un pubblico più ampio possibile. Siamo di fronte a una vera rivoluzione culturale.
Il modello della stampa Popolare fece ben presto la sua comparsa anche oltreoceano nel 1836 a Parigi il giornalista e Uomo politico Emile Girardin  fondò  un nuovo giornale "La Presse", di cui riuscì a dimezzare il prezzo di abbonamento con un espediente destinato ad avere nei decenni successivi un grande successo: inserzione di annunci pubblicitari.

3. Come nasce il fumetto?

La Stampa e anche il veicolo di una nuova forma di comunicazione: il fumetto. Grazie all'intraprendenza di un direttore di giornale statunitense Joseph Pulitzer, intenzionato a incrementare le vendite domenicali del quotidiano New York World, Il 5 maggio 1895 un giovane disegnatore dell'Ohio, Richard Outcault presenta per la prima volta una serie di storielle umoristiche ambientate in un vicolo degli slums newyorkesi. Il personaggio principale dei vari racconti ed è The Yellow Kid, un buffo ragazzino vestito con un lungo camicione giallo Sul quale sono riportate frasi e battute relative alle vicende narrate. Una data importante per la diffusione del fumetto è il 1915, anno in cui nascono le prime syndicate, cioè le agenzie finalizzate alla commercializzazione dei Comics, che assumono la proprietà di storia e personaggi, sottraendone la gestione della stampa quotidiana. A partire da questa data il fumetto diventa un Medium autonomo con importanti conseguenze per la sua stessa identità.

4. In che modo si affacciano al mercato culturale la fotografia e il cinema?

Già negli anni Venti dell'Ottocento, lo scienziato francese Joseph Nice, inizia i suoi esperimenti sulla possibilità di imprimere immagini su una lastra sfruttando solo la luce, da questi studi nascerà Poi la fotografia. La fotografia nasce inizialmente come strumento di raffigurazione di paesaggi, soprattutto urbani, e di strutture architettoniche. Con il tempo però essa finisce per ritrarre anche soggetti umani. Fotografare e farsi fotografare diventano modi per realizzare altrettante modalità di vita social. L'immagine fotografica diventa così il simbolo del mantenimento dei legami affettivi che uniscono le persone. Anche in questi usi apparentemente intimi, personali, la fotografiaè  però un'immagine pubblica di rappresentazione sociale che cristallizza così le persone come Esse desiderano venire percepite, ricordate ,considerate.

 L'utilizzo del cinema come strumento di comunicazione, di intrattenimento sociale nacque Grazie all'opera di due Pionieri George Melies e David Griffith. Con il primo la ripresa cinematografica cessò  di essere mera documentazione dell'esistente per diventare messa in scena di situazioni fantastiche. Dobbiamo invece a Griffith la grammatica del cinema. Con  loro due il cinema divenne una vera e propria forma di spettacolo, cioè di ri-creazione della realtà attraverso la messa in scena, in quanto la tecnica di ripresa e di proiezione cinematografica offriva risorse espressive fino a quel momento sconosciute: cambiando inquadratura si poteva ad esempio avvicinare e allontanare gli oggetti creando così illusioni di situazioni differenti diversamente interpretabili.

5. Perchè si avvertì l'esigenza di catturare la musica?

Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer
dedica particolare attenzione alla musica che Egli riteneva capace di rivelare l'essenza intima del mondo. La posizione di Schopenhauer esprime in qualche modo la suggestione esercitata sugli esseri umani, generata soprattutto dalla sua impalpabilità: direttamente da una poesia ,da un dipinto che esistono concretamente anche nel momento in cui non si legge o non li si guarda, un brano musicale esiste veramente solo durante la sua esecuzione.  Proprio questo tratto della musica genera forse il desiderio di riprodurla mediante strumenti che ne consentissero l'ascolta anche in assenza dei suoi esecutori diretti.

LA FOTOGRAFIA

 UN NUOVO OCCHIO SUL MONDO



Già negli anni Venti dell'Ottocento, lo scienziato francese Joseph Nice, inizia i suoi esperimenti sulla possibilità di imprimere immagini su una lastra sfruttando solo la luce, da questi studi nascerà Poi la fotografia. La fotografia nasce inizialmente come strumento di raffigurazione di paesaggi, soprattutto urbani, e di strutture architettoniche. Con il tempo però essa finisce per ritrarre anche soggetti umani. Fotografare e farsi fotografare diventano modi per realizzare altrettante modalità di vita sociale: davanti all'obiettivo sfilano intere famiglie, ma anche singoli individui di varie condizioni sociali che sperimentano per la prima volta l'onore del Ritratto e persone che vengono colte nello svolgimento delle loro professioni. I fidanzati iniziano a scambiarsi le rispettive fotografie come pegno d'amore; le foto dei morti e soprattutto se giovani, vengono racchiuse in Minuscole teche da portare al collo come ciondoli. In un contesto storico-sociale caratterizzato da frequenti movimenti migratori e dalla frammentazione dei nuclei familiari, l'immagine fotografica diventa così il simbolo del mantenimento dei legami affettivi che uniscono le persone. Anche in questi usi apparentemente intimi, personali, la fotografiaè  però un'immagine pubblica di rappresentazione sociale che cristallizza così le persone come Esse desiderano venire percepite, ricordate ,considerate.

IL CINEMA: UNA NUOVA ARTE

La parola cinematografia significa scrittura del movimento. Sotto questo punto di vista la nascita del cinema rappresentò una decisa innovazione. Al cinema in un certo senso, la società di fine secolo affidò il compito di rappresentare quella condizione di immobilità, che sociologo tedesco crea un Simmel riconosceva come costitutiva dell'uomo metropolitano, sottoposto al rapido e ininterrotto mutare delle stimolazioni sensoriali. Come si aggiunti alla tecnica cinematografica è noto, furono i fratelli Lumière a creare i primi apparecchi in grado di trascinare pellicole contenente una serie di fotogrammi e di proiettarli in rapida successione su uno schermo bianco, in modo da creare l'illusione del Movimento. I fratelli Lumière però non colsero Probabilmente un immenso potenziale della loro invenzione, limitandosi a impiegarla per scopi piuttosto documentaristici. L'utilizzo del cinema come strumento di comunicazione, di intrattenimento sociale nacque Grazie all'Opera di due Pionieri George Melies e David Griffith. Con il primo la ripresa cinematografica cessò  di essere mera documentazione dell'esistente per diventare messa in scena di situazioni fantastiche. intitolato. Dobbiamo invece a Griffith la grammatica del cinema, che anche noi conosciamo e la consapevolezza senza del potenziale geologico e pedagogico-sociale del nuovo strumento. Con  loro due il cinema divenne una vera e propria forma di spettacolo, cioè di ri-creazione della realtà attraverso la messa in scena, in quanto la tecnica di ripresa e di proiezione cinematografica offriva risorse espressive fino a quel momento sconosciute: cambiando inquadratura si poteva ad esempio avvicinare e allontanare gli oggetti creando così illusioni di situazioni differenti diversamente interpretabili.

 Lo spettacolo cinematografico Si trasformò fin da subito in una forma di intrattenimento a buon mercato accessibili anche alle classi popolari: Nickelodeon, Questo negli Stati Uniti era il nome delle prime piccole sale cinematografiche di quartiere, così chiamate perché il prezzo di entrata era di un solo Nichelino. Forse per questo motivo la cultura alta guardò al cinema con una certa sufficienza se non con disprezzo.

L'INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA

Il mondo imprenditoriale piuttosto fiutò subito le possibilità di guadagno legate al cinema. In breve tempo il ruolo del produttore divenne preponderante rispetto a quello dello stesso regista. Fondata nel 1896 da Charles Pathe, in Francia nacque la casa di produzione Pathè-freres che nei primi anni del Novecento si distinse, Non solo per la realizzazione di ottimi cortometraggi, ma anche per un'opera generale di  promozione della nuova arte attraverso il coinvolgimento, nella progettazione dei lavori di illustri personaggi della letteratura e della cultura. Nello stesso periodo  negli Stati Uniti L'industria del cinema tardava a decollare a causa di una serie di controversie giudiziarie legate al diritto dello sfruttamento della nuova invenzione. Negli anni successivi alla prima guerra mondiale, Tuttavia risolto definitivamente le questioni legali, l'industria cinematografica statunitense si sviluppa in modo vertiginoso affermando in breve tempo la Sua egemonia nel mondo. Il centro della produzione cinematografica statunitense divenne la California, scelta per le sue condizioni climatiche e per la varietà dei personaggi che si presentano ottimamente per girare gli esterni del film. Il piccolo villaggio di Hollywood divenne in breve tempo una capitale del cinema e i suoi prodotti furono esportati anche al di là dei confini del continente americano.


LA MUSICA: COME "CATTURARLA"

Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer dedica particolare attenzione alla musica che Egli riteneva capace di rivelare l'essenza intima del mondo. La posizione di Schopenhauer esprime in qualche modo la suggestione esercitata sugli esseri umani, generata soprattutto dalla sua impalpabilità: direttamente da una poesia ,da un dipinto che esistono concretamente anche nel momento in cui non si legge o non li si guarda, un brano musicale esiste veramente solo durante la sua esecuzione.  Proprio questo tratto della musica genera forse il desiderio di riprodurla mediante strumenti che ne consentissero l'ascolta anche in assenza dei suoi esecutori diretti. Da un punto di vista tecnico questo divenne possibile alla fine dell'800, con un'azione del fonografo, ma soprattutto grazie all'invenzione del grammofono approntato da Emile Berliner nel 1888. nel grammofono di berliener il cilindro in ottone era stato sostituito da un disco di gommalacca meno ingombrante e soprattutto riproducibile in più copie.  il fonografo rimase  un curioso congeniti utilizzato da pochi intenditori, per di più per registrare solo voci umane, Il secondo, grazie anche ai costi di produzione contenuti in breve tempo entrò pressoché in tutte le case diffondendovi veri e propri brani musicali.



L'intraprendenza e la lungimiranza di alcuni imprenditori disposti a investire sui nuovi prodotti e determinare l'insorgere di una produzione industriale interamente dedicata alla realizzazione di dischi apparecchi per il loro Ascolto. le prime case discografiche erano Columbia phonograph Company e Berliner phonograph company. prima di allora l'industria musicale si era limitata alla stampa e alla commercializzazione degli spartiti, portata avanti in Italia da casa editrice come ricordi o la sonsogno. L'ampiezza dell'Industria del disco Apri ben presto uno scenario nuovo, non si trattava più di vendere al pubblico la partitura di brani musicali già conosciuti, ma di diffondere brani e generi musicali anche completamente inediti. gli  artisti conobbero nuovi canali di comunicazione con il loro pubblico e nuove sostanziose fonti di profitti e le case discografiche diventarono gradualmente padrona del mercato spesso sovrapponendo i loro interessi economici alle reali richieste artistiche e culturali. L'avvento del disco finì cambiare anche le modalità sociali di fruizione della musica. se da un lato aumenta il numero degli ascoltatori attraverso la riproduzione e la divulgazione di grandi opere che prima erano appannaggio di una ristretta Elite, dall'altro lato finì per analizzarne in qualche modo l' ascolto, poiche la musica a portata di mano e di cui si può godere anche distrattamente, immersi in altre occupazioni quotidiane, non può che appiattisce il gusto e la sensibilità dei fruitori.