venerdì 26 marzo 2021

DOMANDE P 424

 VERIFICA 



A il contenuto dei romanzi d’appendice è prevalentemente storico-documentario. Vero

B per i fratelli lumiere il cinema aveva soprattutto una funzione documentaristica. Vero

C nella società di massa i diversi ambiti dell’industria culturale tendono a evitare ogni forma di commistione. Falso

D il fotoromanzo nasce destinato soprattutto a un pubblico femminile di livello sociale medio-basso. Vero

E al suo sorgere la televisione italiana si ispira al modello britannico de servizio pubblico. Falso


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  • A L’avvento del disco ha modificato la fruizione sociale della musica perché ha avvicinato alla musica fasce più ampie di popolazione 
  • B con l’espressione information overload si intende il sovraccarico di informazioni a cui spesso è esposto l’utente di internet, e le conseguente difficoltà di gestire le stesse criticamente
  • C secondo moron un tratto essenziale della cultura di massa è il suo carattere cosmopolita.

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A genere di rivista prevalentemente incentrato su argomenti di attualità -> rotocalco

B nella terminologia di eco, intellettuale per nulla disposto a venire a patti con la cultura di massa e strenuo difensore di una concezione aristocratica del sapere -> apocalittico

C termine inglese che indica la tipologia di programma televisivo oggi prevalente, caratterizzata da una mescolanza di informazioni e divertimento-> infotainment


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Qual è l’elemento innovativo introdotto nella cinematografia da me lies e da grittith. Con il primo la ripresa cinematografica cessò di essere metà documentazione dell’esistente per diventare messa in scena di situazioni fantastiche. Al secondo dobbiamo la grammatica del cinema e la consapevolezza del potenziale ideologico e pedagogico-sociale.


In che cosa consiste l’interpretazione dell’industria culturale sostenuta da adorno e Horkheimer.

I due introducono il concetto di industria culturale, caricando però questa espressione di un’accezuone fortemente negativa: intendono riferirsi al complesso dei prodotti e delle strategie di distribuzione nati dalla colonizzazione economica della sfera culturale, ovvero a quel fenomeno tipico della società industriale avanzata che finisce per asservire la cultura a scopi che le sono estranei: controllo sociale, cattura del consenso...


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Principali caratteristiche dell’industria culturale 

Complesso dei soggetti e delle attività economiche che, nella società industriale avanzata, si occupano della produzione e della distribuzione di beni e servizi culturali.

Stampa., libro, fumetto, fotografia, cinema, musica....



TESTO 1

Tutti pazzi per wiki

Quali informazioni si possono trovare su Wikipedia

Wiki e il principale strumento di ricerca dopo Google. Troviamo la biografia di don Draper, Garibaldi, la lista dei papi polacchi, la lista opere postume, o la partita di basket un cui wilt chamberlain segno 100 punti.

Secondo Wales in che modo Wiki potrà diventare sempre più attendibile?

Le persone con una visione molto semplicistica delle cose potrebbe dire: be visto che è aperta a tutti e sicuramente inaffidabile. Ma lui è pronto a rispondere: in realtà abbiamo scoperto che più rendiamo aperta Wikipedia e poi diventa attendibile. Dobbiamo solo affrontare i problemi senza intaccare ciò che c è di buono. Spesso le informazioni riportate in maniera errata sono solo stupidi atti di vandalismo che durano un minuto perché loro modificano il software è individuano nuovi modi per minimizzare questi interventi.

Perché a Wales non interessa il profitto?

Perché si trattava di un progetto a cui stava lavorando solo per hobby. Non c entra alcun modello commerciale a cui ispirarsi: gli incassi pubblicitari erano a zero e i giorni del boom erano un ricordo. Non avendo modo di trovare investimenti non potevano nemmeno assumere persone, quindi hanno coinvolto dei volontari. Per questo hanno scelto no profit

martedì 16 marzo 2021

DOMANDE P. 419



 A chi e a che cosa rimandano le espressioni apocalittici e integrati?

Nella terminologia di Eco, apocalittico, vuol dire intellettuale che non viene a patti con la cultura di massa e che si propone come difensore di una concezione aristocratica del sapere. 

Integrato, nel linguaggio di Eco, è l'intelletuale disposto ad accettare la cultura di massa e ad utilizzarne gli strumenti.

Quando si registrano le prime reazioni contro la scoietà di massa?

Già a cavallo tra Ottocento e Novecento, filosofi come Friedrich Nietzsche  e psicosociologi come Gustave Le Bon  espressero la loro preoccupazione rispetto alla crescente rilevanza sociale delle "masse" da loro intese come moltitudini sprovviste di autonomia intellettuale e facilmente manipolabili dall'esterno, incapaci di fare valere altre prerogative se non quella della consistenza numerica.  La disamina forse più spietata della società di massa, vista come decadenza inesorabile della civiltà occidentale, si trova nel saggio La ribellione delle masse  del filosofo spagnolo José Ortega y Gasset . In quest'opera lo studioso, preoccupato di spiegare la deriva populistica della storia europea di inizio Novecento , cerca di individuare il "tipo umano" a essa corrispondente e lo identifica nell'uomo- massa figlio della civiltà industriale, privo di valori e di memoria storica, preoccupato solo di difendere il proprio benessere materiale. Si noti che la “massa" a cui si riferisce Ortega non si identifica con le classi popolari, ma costituisce una realtà trasversale al corpo sociale, nata da quell'appiattimento generale delle condizioni e delle idee che, nelle società occidentali contemporanee, omogeneizza gli uomini al di là delle tradizionali distinzioni di nascita, ceto, censo e così via.

Chi furono i primi intellettuali a introdurre il concetto die industria culturale e con quale accezione?

Nel 1947 Theodor Adorno  e Max Horkheimer, esponenti della Scuola di Francoforte, scrivono a quattro mani il saggio intitolato Dialettica dell'lluminismo, un testo volto a indagare le degenerazioni del razionalismo occidentale - di | cui l'Illuminismo settecentesco è figura emblematica – nella moderna società industriale. Secondo gli autori la ragione novecentesca non è più, come nei secoli passati, lo strumento di dominio della natura, ma si è trasformata in un organo di controllo e di assevimento degli esseri umani. 

È proprio in questo contesto che i due filosofi introducono  il concetto di “industria culturale", caricando però tale espressione di un'accezione fortemente negativa: essi intendono infatti riferirsi al complesso dei prodotti e delle strategie di distribuzione nati dalla colonizzazione economica della sfera culturale, ovvero a quel fenomeno tipico della società industriale avanzata che finisce per asservire la cultura a scopi che le sono estranei: controllo sociale, cattura del consenso, promozione di stili e modelli di vita funzionali a una civiltà consumistica.  L'industria culturale si avvale soprattutto dei canali della comunicazione di massa (giornali, TV, cinema) e mette sul mercato prodotti standardizzati, qualitativamente mediocri, costruiti in modo da impoverire nel.consumatore l'immaginazione e il senso critico, lasciandogli però l'illusione di essere sovrano delle sue scelte e dei suoi gusti

DOMANDE P.416

 


Che cos’è la cultura di massa?

Caratterizzata dal graduale accesso delle masse popolari alla sfera dei consumi e alle diverse forme di partecipazione politica e culturale.

Quali sono i nuovi percorsi dell’editoria nella società di massa?

L’industria del libro si arricchisce di nuovi generi e proposte. Nasce L letteratura per bambini, per ragazzi e per signore. Si pubblicano libri di cucina, fotografia, sport, guide turistiche...

Vengono divulgate nuove grandi opere dell letteratura in edizione tascabile. Anche la lettura come pratica sociale si trasforma, non è più un momento di incontro con un autore e con il suo mondo ma un piacevole passatempo che si consuma anche in situazioni di relax.

L pratica della lettura conosce nuove strade: fascicoli, depliant, fumetti, riviste...

Si introducono fotografie all interno delle pagine .

Vengono introdotti argomenti tabù, il sesso fa capolino sulle copertine dei giornali attraverso corpi poco vestiti..

In che cosa consiste l’infotainment?

Nella neotelevisione si assiste a un radicale stravolgimento: si dilata la giornata televisiva, con un flusso continuo di programmi che coprono le 24 ore; i 3 generi della tv tradizionale si riducono progressivamente a uno solo, un misto di informazioni e divertimento definito infotainment(information + entrataiement).

Quali sono le caratteristiche della cultura nell’era del digitale?

Nascono i “new media”, tutti incentrati sull’uso del computer e delle sue applicazioni.  Questo ha portato nuove strade per la circolazione di idee e conoscenze.

I libri, si trasformano in e-book, versioni digitali dei testi. Il libro diventa uno strumento più asettico e impersonale. Il testo elettronico permette collegamenti ipertestuali, ricerca automatica di passi e citazioni. 

Anche L attività di studio e cambiata, adesso abbiamo enciclopedie digitali.

GLI INTELLETTUALI DI FRONTE ALLA CULTURA DI MASSA

 APOCALITTICI O INTEGRATI



Nel linguaggio di Eco, "apocalittici" sono quegli intellettuali per nulla disposti a venire a patti con la cultura di massa, strenui difensori di una concezione aristocratica del sapere. L'intellettuale apocalittico disprezza le letture poco impegnate, i rotocalchi, i programmi televisivi e radiofonici, ma soprattutto non accetta l'idea che la cultura o, in generale la conoscenza possano essere patrimonio di molti. Per l'apocalittico la cultura di massa è "anticultura": in questo senso il suo atteggiamento di rifiuto è rivolto, a ben guardare, alla società di massa e a ciò che essa rappresenta a livello politico e/o ideologico. Per converso, gli "integrati" sono convinti che la civiltà di massa consenta un allargamento della base sociale della cultura e che produca un sapere che forse per la prima volta nella storia è davvero universale, condivisibile da tutti i membri di una società. Questo costituisce, a giudizio dell'intellettuale integrato, una risposta sufficiente a tutte le critiche che si possano muovere alla cultura di massa. Ma l'integrato non si limita  a  difendere o a giustificare la società di massa e la sua cultura in linea teorica, ma ne utilizza anche gli strumenti, servendosi dei mass media e scrivendo libri divulgativi, oppure  non disdegnando né i canali radiofonici e televisivi, né la rete Apocalittici e integrati sono naturalmente due idealtipi: la posizione concreta del singolo intellettuale è spesso una commistione di questi due atteggiamenti, che talvolta tende a inclinare maggiormente verso l'uno o verso l'altro. La contrapposizione ha comunque una validità euristica, in quanto identifica due visioni diverse, in un certo senso alternative, della cultura e del suo ruolo all'interno della società.

LE PRIME REAZIONI CONTRO LA SOCIETà DI MASSA



Già a cavallo tra Ottocento e Novecento, filosofi come Friedrich Nietzsche  e psicosociologi come Gustave Le Bon  espressero la loro preoccupazione rispetto alla crescente rilevanza sociale delle "masse" da loro intese come moltitudini sprovviste di autonomia intellettuale e facilmente manipolabili dall'esterno, incapaci di fare valere altre prerogative se non quella della consistenza numerica. Una possibile definizione della "massa" in opposizione ad altre forme di aggregazione si trova nel saggio Massa, pubblico e pubblica opinione del sociologo statunitense Herbert Blumer. Secondo Blumer, mentre  il pubblico è un gruppo di persone che si costituisce intorno a un determinato tema o problema che apre un dibattito  per confrontare le diverse idee su come affrontarlo, la massa è un aggregato  eterogeneo, privo di autocoscienza e di identità, incapace di organizzazione collettiva. Per la distanza spaziale che intercorre tra i suoi membri e la condizione di anonimato che caratterizza ognuno di essi, la massa si distingue anche dalla folla, con la quale condivide invece l'assenza di strutturazione e la condotta non razionale. Se il pubblico può formarsi un'opinione mediante il confronto delle prospettive individuali, la massa può solo accoglierla passivamente: non esiste infatti una vera e propria interazione tra i singoli soggetti, ma solo la relazione che collega ognuno di loro, isolato dagli altri, con l'informazione ricevuta grazie ai mezzi di comunicazione. La disamina forse più spietata della società di massa, vista come decadenza inesorabile della civiltà occidentale, si trova nel saggio La ribellione delle masse  del filosofo spagnolo José Ortega y Gasset . In quest'opera lo studioso, preoccupato di spiegare la deriva populistica della storia europea di inizio Novecento , cerca di individuare il "tipo umano" a essa corrispondente e lo identifica nell'uomo- massa figlio della civiltà industriale, privo di valori e di memoria storica, preoccupato solo di difendere il proprio benessere materiale. Si noti che la “massa" a cui si riferisce Ortega non si identifica con le classi popolari, ma costituisce una realtà trasversale al corpo sociale, nata da quell'appiattimento generale delle condizioni e delle idee che, nelle società occidentali contemporanee, omogeneizza gli uomini al di là delle tradizionali distinzioni di nascita, ceto, censo e così via.

LE ANALISI DELL'INDUSTRIA CULTURALE NEL SECOLO DOPOGUERRA



Nel 1947 Theodor Adorno  e Max Horkheimer, esponenti della Scuola di Francoforte, scrivono a quattro mani il saggio intitolato Dialettica dell'lluminismo, un testo volto a indagare le degenerazioni del razionalismo occidentale - di | cui l'Illuminismo settecentesco è figura emblematica – nella moderna società industriale. Secondo gli autori la ragione novecentesca non è più, come nei secoli passati, lo strumento di dominio della natura, ma si è trasformata in un organo di controllo e di assevimento degli esseri umani. 

È proprio in questo contesto che i due filosofi introducono  il concetto di “industria culturale", caricando però tale espressione di un'accezione fortemente negativa: essi intendono infatti riferirsi al complesso dei prodotti e delle strategie di distribuzione nati dalla colonizzazione economica della sfera culturale, ovvero a quel fenomeno tipico della società industriale avanzata che finisce per asservire la cultura a scopi che le sono estranei: controllo sociale, cattura del consenso, promozione di stili e modelli di vita funzionali a una civiltà consumistica.  L'industria culturale si avvale soprattutto dei canali della comunicazione di massa (giornali, TV, cinema) e mette sul mercato prodotti standardizzati, qualitativamente mediocri, costruiti in modo da impoverire nel.consumatore l'immaginazione e il senso critico, lasciandogli però l'illusione di essere sovrano delle sue scelte e dei suoi gusti. Benché l'industria culturale sia un fenomeno tipico della società di massa, per Adorno e Horkheimer essa non può essere definita "cultura di massa": questo appellativo genererebbe infatti l'erronea convinzione che si tratti di qualcosa che scaturisce in modo spontaneo dalle masse stesse, in opposizione alla cultura d'élite. L'individuo della società di massa, invece, è decisamente eterodiretto, soggetto passivo di una cultura che non è lui a elaborare, ma che piuttosto lo "crea" a misura dei propri imperativi e valori. Un ridimensionamento della posizione fortemente pessimistica dei Francofortesi viene da parte del filosofo e sociologo francese Edgar Morin. Morin parte dall'assunto secondo il quale la cultura di massa va compresa, più che demonizzata: per questo motivo non deve essere analizzata con le chiavi di lettura della cultura "alta", tradizionale, ma letta "dall'interno", come parte integrante della società in cui viviamo. "Cultura", sostiene Morin, è un termine relativo; in ogni società coesi stono più culture: la cultura nazionale, la cultura religiosa, la cultura umanistica ecc, ciascuna delle quali costituisce un corpus di simboli, miti e norme che orientano la vita e il pensiero delle persone. Anche la cultura di massa rientra in questo contesto e interagisce con le altre culture: essa può dunque accogliere in sé i loro elementi, ma anche permearle dei propri contenuti fino al punto di modificarle e corroderle. Benché la cultura di massa non sia l'unica cultura del XX secolo, tuttavia secondo Morin essa ha una prerogativa peculiare: è per sua natura cosmopolita e planetaria, e in questo senso si presenta come qualcosa di radicalmente nuovo rispetto a tutte le altre, Ovvero come la prima cultura veramente "universale" nella storia dell'umanità.

NUOVI STRUMENTI E NUOVI ASSETTI PER LA CULTURA

 NUOVI STRUMENTI E NUOVI ASSETTI PER LA CULTURA



Un aspetto importante dell'industria culturale nella società di massa è la sinergia che si viene a creare tra i vari ambiti. La fotografia presta i suoi servigi alla stampa quotidiana e periodica; la pubblicità utilizza i volti dei personaggi dello spettacolo conosciuti dalla gente attraverso giornali e Tv, e utilizza spesso come jingle brani musicali di successo; la radio trasmette canzoni e melodie che si possono ascoltare acquistando un CD. Anche i generi "trapassano" da un settore all'altro: la fantascienza nasce in ambito letterario, ma presto si afferma anche nel cinema e nel fumetto; le sceneggiature dei film più famosi diventano libri da leggere (e viceversa). Questa tendenza alla commistione genera anche alcuni tentativi di contaminazione con i prodotti della cultura "alta": così le  grandi opere della letteratura diventano sceneggiati televisivi, e i musicisti di estrazione rock cercano soluzioni espressive che recuperano forme e sonorità della musica classica. Un ulteriore aspetto da tenere presente è la "colonizzazione" che i prodotti della cultura di massa finiscono per operare in tutti gli ambiti della vita quotidiana. Non esiste uno spazio che essi non riempiano: la lettura, l'ascolto di musica, per non parlare dal fruizione di radio e TV, non si collocano in precisi spazi della giornata, ma costituiscono per così dire il "sottofondo" dell'intera esperienza quotidiana. A ciò si aggiungono il progressivo "contrarsi" entro le mura domestiche di certe forme di fruizione culturale  e l'affermarsi tra i consumatori pratiche di svago legate all'uso dilettantistico di tecnologie culturali.

LA FABBRICA DELL'IMMAGINARIO



Un'altra fondamentale caratteristica dell'industria culturale del Novecento, ben messa in evidenza dallo studioso francese Edgar Morin, è il suo costituirsi come una sorta di mitologia. Come ogni forma di cultura, anche l'industria culturale ha le proprie divinità e i propri eroi, e un Olimpo costituito dallo spettacolo, ovvero da quella dimensione in cui il fruitore sperimenta in modo potente l'esperienza di evasione fantastica dalla realtà. Gli "dei", o i divi, della cultura di massa sono pertanto personaggi dello spettacolo: attori, cantanti di successo, campioni sportivi, ma anche personaggi della politica, scienziati e tenze e così via. Ma quali meccanismi psicologici e sociali presiedono a un simile fenomeno? Nel processo di "divinizzazione" dei protagonisti del mondo dello spettacolo entrano probabilmente in gioco due spinte complementari: una è quella che Umberto Eco definisce «riduzione all'everyman»: la gente ama la possibilità di riconoscersi nei personaggi dello spettacolo identificandosi in qualche modo con le loro qualità ed esperienze. In un saggio del 1963 intitolato Fenomenologia di Mike Bongiorno – dedicato al conduttore televisivo che è stato una vera icona della TV per diversi decenni –, Eco propone a questo riguardo l'esempio del noto conduttore televisivo, il quale a suo giudizio non eccelle né per bellezza, né per intelligenza, né per cultura, e proprio per questo “tranquillizza" coloro che lo seguono.  La seconda spinta è invece costituita dal fatto che i personaggi dello spettacolo danno corpo ad aspirazioni che la gente comune non può realizzare: la loro vita è sapientemente dipinta dai media come un perpetuo "tempo libero", come libera da restrizioni economiche e da eccessive inibizioni morali, e come governata esclusivamente dalla ricerca della felicità e della realizzazione personale. È dunque naturale che la ricchezza, la bellezza e il fascino del divo o della diva, la supposta facilità con cui essi possono esaudire i loro desideri e, soprattutto, la "visibilità" di cui godono agli occhi degli altri li rendano oggetto di perpetua invidia e ammirazione.

LA CULTURA NELL'ERA DEL DIGITALE



Una riflessione specifica va dedicata agli effetti prodotti dalla rivoluzione telematica, cioè dall'irruzione delle tecnologie informatiche nel campo della comunicazione e della cultura. A questo proposito, va innanzitutto ricordata la nascita di nuovi strumenti di comunicazione, i cosiddetti “new media", tutti incentrati sull’uso del computer e delle sue applicazioni: Internet, posta elettronica ecc. Ciò ha aperto nuove strade per la circolazione delle idee e delle conoscenze, e per i processi di apprendimento/insegnamento a essa collegati. Ad esempio, i libri in formato cartaceo, tradizionali supporti di attività come la lettura e lo studio, vengono affiancati  dagli e-book, versioni digitali dei testi diffuse liberamente sulla rete o scaricabili a pagamento. Questo fenomeno modificato sensibilmente la pratica della lettura: il libro non è più l'oggetto fisico che ci appartiene in maniera esclusiva, spesso personalizzato con scritte o altre modalità di utilizzo, ma uno strumento più asettico e impersonale, in cui però la perdita di valore affettivo viene compensata dall'acquisizione di nuove forme di fruizione: il testo elettronico permette |Anche l'attività di studio e di ricerca tradizionalmente legata ai libri e alle enciclopedie è progressivamente mutata: come fonte di nuove informazioni o di approfondimento delle proprie conoscenze, specialmente tra i giovani, viene utilizzato il web e molti siti hanno pertanto creato apposite enciclopedie digitali, periodicamente aggiornate, in cui è possibile, in modo pratico e veloce, cercare i dati di cui si ha bisogno. È bene però ricordare che si tratta di una modalità di studio e di ricerca non scevra di rischi: specialmente per lo studente ancora inesperto, è infatti piuttosto difficile districsi tra la molteplicità di informazioni disponibili in rete e soprattutto coglierne il diverso grado di validità e affidabilità, distinguendo, ad esempio, tra un corso di let ratura on-line offerto da una struttura universitaria  e un riassunto su Manzoni o Pirandello presentato su un blog. Per non parlare del rischio che le informazioni raccolte vengano assemblate frettolosamente dal fruitore, perdendo il necessario riferimento alla loro paternità e al contesto che le ha generate: la frase «l'ho trovato su Internet» ), spesso pronunciata dallo studente a garanzia della "bontà" del materiale che presenta, rimanda in realtà a un universo culturale "acefalo", dove tutti parlano ma in cui non si sa chi veramente sia l'autore di ciò che si legge o si ascolta.

CHE FINE HA FATTO L'AUTORE



Da quanto abbiamo detto si comprende in che senso si parli oggi di “fine dell'autore inteso come colui che detiene il monopolio materiale e morale delle idee e delle conoscenze che circolano nell’universo culturale.  A questa stessa considerazione riguardo al sistema culturale attuale siamo però condotti   anche per un'altra via. L'avvento delle tecnologie digitali ha infatti reso possibile ciò ce che nelle epoche precedenti era precluso, ossia la riproduzione di un'opera in un numero potenzialmente infinito di copie perfette: la copia elettronica di un libro, di un link musicale o di un video “è" quell'opera tanto quanto l'originale da cui è stata tratta. Il fenomeno apre questioni spinose sia da un punto di vista etico sia da un punto di legale, principalmente in rapporto al problema del diritto d'autore (o copyright). Con questa formula si indica il fatto che le legislazioni dei vari paesi riconoscono all'autore di un'opera  una posizione giuridica privilegiata nei confronti della sua creazione, attribuendogli la facoltà esclusiva di diffonderla e sfruttarla economicamente. È evidente che le moderne tecnologie informatiche - e in particolare i sistemi di condivisione dei file, grazie ai quali gli utenti possono scambiarsi via Internet brani musicali, film e prodotti analoghi  mettono oggi in discussione il principio giuridico del diritto d'autore.  In opposizione ai sostenitori del copyright è nato, in ambito informatico, un movimento di pensiero detto del software libero (free software), Questo movimento, che fa capo a diversi studiosi, tra cui l'ingegnere e programmatore statunitense Richard Stallman , intende garantire la libertà di copia, di distribuzione e di variazione dei programmi informatici. I teorici del software libero partono dal principio generale secondo cui la condivisione del sapere è un valore supremo, del quale la privatizzazione delle opere  intellettuali a fini commerciali rappresenta la violazione più marcata. Essi ritengono che il diritto d'autore, nato per salvaguardare autori e fruitori , abbia finito con il tempo per tutelare solo gli interessi economici delle aziende produttrici e distributrici, alle quali va la maggior parte dei guadagni delle vendite. Propongono quindi forme alternative di tutela della proprietà intellettuale, mediante licenze che accompagnino l'opera trasmettendo i diritti del suo autore a chi ne entra in possesso successivamente. Questa filosofia globale, che dall'ambito informatico si è estesa ad abbracciare virtualmente tutti i prodotti intellettuali, è spesso riassunta con la formula, intraducibile in italiano, copyleft.

L'INDUSTRIA CULTURALE NELLA SCOIETà DI MASSA

UNA NUOVA REALTà  STORICO-SOCIALE



Possiamo individuare alcuni fattori che caratterizzano la società occidentale del Novecento e che in qualche modo influiscono sugli sviluppi dell'industria culturale in tutti i suoi settori. Il primo di questi fattori è  l'allargamento della sfera dei consumatori, conseguente al miglioramento delle condizioni economiche delle classi popolari e al diffondersi di stili di vita basati sul godimento e sulla fruizione di beni e prodotti diversi. La disponibilità di redditi più alti, unita allo spirito di emulazione nei confronti dei ceti socialmente più elevati, spinge fin dai primi decenni del Novecento anche fasce di popolazione fino ad allora estromesse dai circuiti del consumo culturale a riempire non solo la dispensa o il guardaroba, ma anche gli scaffali della libreria, acquistando libri riviste, dischi e altri prodotti di questo genere.

 A ciò va aggiunta l'accresciuta scolarizzazione della società, che fornisce a un numero sempre più ampio di individui gli strumenti di base e gli stimoli intellettuali per accedere ai consumi culturali. Ma l'incremento della scolarizzazione influisce sulla trasformazione dell'industria culturale anche per altre vie, e cioè: creando lo specifico settore dell'editoria dei testi scolastici; ritardando l'ingresso dei ragazzi e delle ragazze nel mondo del lavoro, contribuendo così indirettamente a creare la figura sociale del "giovane", specifico target del sistema produttivo anche per quel che riguarda il settore dei consumi culturali.

Un altro fattore importante da considerare è l'accresciuta centralità delle masse popolari come soggetto politico. La conquista del suffragio elettorale universale in quasi tutti i paesi dell'Occidente e i traguardi raggiunti dal proletariato urbano grazie alle grandi manifestazioni di piazza che lo vedono protagonista costringono i governi dei varı Stati a confrontarsi con questo nuovo soggetto politico e sociale. Per i regimi dittatoriali come per le democrazie diventa pertanto fondamentale la ricerca del consenso, ovvero la conquista dell'appoggio delle masse popolari al fine di catturarne il voto e di prevenirne l'opposizione. Giornali, libri e film diventano così importanti strumenti di propaganda politica, soprattutto presso i sistemi totalitari. Anche i nuovi media come la radio e la televisione, che nascono in questo secolo, svolgono un importante ruolo in tal senso: l'industria culturale diventa il veicolo privilegiato per la trasmissione delle idee e il suo contributo si fa fondamentale per la gestione del potere. 


I NUOVI PERCORSI DELL'EDITORIA

Il settore dell'editoria conosce nella società di massa una crescita senza precedenti, e in una pluralità di direzioni. L'industria del libro si arricchisce di nuovi generi e proposte: l'idea di fondo è quella di confezionare prodotti ad hoc per ogni utenza e situazione, venendo incontro ai bisogni del pubblico e anzi precorrendone e orientandone le richieste. Nasce così una letteratura per bambini, per ragazzi, per signore ecc.; si pubblicano libri di cucina, di fotografia, di sport, guide turistiche, manuali di ricamo o di bricolage, saggi su temi di politica e di costume. Al potenziale acquirente che entra in una libreria viene proposta un'offerta sempre più ampia e differenziata di prodotti, simile a quella che caratterizza un negozio di capi di abbigliamento. Parallelamente, vengono divulgate le grandi opere della letteratura in edizione tascabile e i nuovi volumi, di dimensioni contenute ed economicamente più accessibili, vengono talora offerti come supplementi dei periodici o dei quotidiani. Anche la lettura come pratica sociale si trasforma: spesso non è più un momento di incontro con un autore e con il suo mondo intellettuale, ma un piacevole passatempo che si può "consumare" anche in situazioni di totale relax; e analogamente si trasforma il libro, che si offre come oggetto collocabile a metà strada tra lo "scrigno", colmo di oggetti tra i quali curiosare, e il "formulario magico", che contiene una risposta pronta per ogni necessità. La pratica della lettura conosce però nel corso del XX secolo anche nuove strade, che non portano al libro, ma ad altri prodotti editoriali: giornali, riviste, fumetti, ma anche fascicoli e dépliant, tutti legati allo sviluppo delle comunicazioni di massa. Anche in questo ambito si assiste a un processo di "segmentazione" dell'utenza: si pubblicano riviste per un'utenza femminile, per l'infanzia e per molteplici fasce specifiche di lettori, come gli appassionati di sport o di motori. La possibilità, grazie alle evoluzioni tecnologiche, di introdurre fotografie all'interno della pagina stampata favorisce inoltre la nascita di un nuovo tipo di rivista, il rotocalco, che, prevalentemente incentrato su temi di attualità, stabilisce una sorta di sinergia tra diverse forme di comunicazione di massa: le pagine delle riviste presentano infatti anche immagini di personaggi del cinema e della TV, contribuendo alla loro consacrazione nell'immaginario collettivo. Le nuove pubblicazioni favoriscono poi lo "sdoganamento" di argomenti tradizionalmente tabù: il sesso fa capolino sulle copertine dei giornali attraverso i corpi poco vestiti di bellissime dive dello spettacolo. Vera icona di questo genere è la rivista “Playboy", che esce per la prima volta nel 1953 con le foto di Marilyn Monroe, la più rappresentativa sex symbol del momento. A partire dal secondo dopoguerra, molte riviste italiane cominciano a ospitare un nuovo genere di intrattenimento: i fotoromanzi, racconti narrati attraverso sequenze di fotografie corredate da didascalie e balloons, interpretati da attori e attrici professionisti. Rivolto prevalentemente a un pubblico femminile di estrazione sociale medio-bassa, il fotoromanzo presenta i tipici contenuti del romanzo rosa: amore contrastato, incomprensione, tradimento, sofferenza e riscatto, e l'immancabile lieto fine. Il successo riscosso da questo nuovo genere induce gli editori a utilizzarlo anche per altri scopi: alcuni settimanali cattolici, ad esempio, scelgono di raccontare in forma di foto- romanzo le vite dei santi o le grandi opere della letteratura mondiale.


LA CULTURA DELLA TV


La fisionomia peculiare che l'industria culturale assume nel Novecento scaturisce soprattutto dalle trasformazioni che in quel periodo investono il mondo delle comunicazioni di massa. La nascita di nuovi media (la radio e la televisione, ma soprattutto nuovi strumenti prodotti dalla rivoluzione informatica) e la definitiva consacrazione di  media già esistenti (ad esempio, il cinema) finiscono per generare quell'identificazione tra cultura e comunicazione che è forse il tratto più tipico della società di massa nel senso che il sistema di conoscenze, di simboli, di credenze condivise che la identificano passa attraverso i canali della comunicazione di massa. La TV è forse l'icona più rappresentativa di questo nuovo assetto. La sua nascita come strumento di comunicazione di massa risale al periodo tra le due guerre mondiali, quando sia in Europa sia negli Stati Uniti vengono inaugurate le prime tecniche di trasmissione a distanza di contenuti visivi e sonori. Negli anni successivi, quando il nuovo medium si diffonderà nei principali paesi industrializzati, Gran Bretagna e Stati Uniti costituiranno i due modelli di riferimento per la definizione della sua funzione sociale:  servizio pubblico gestito direttamente dallo Stato (sul modello della britannica BBC) o impresa affidata alla libera iniziativa privata e finanziata dagli introiti pubblicitari, come le molteplici emittenti via cavo presenti sul territorio statunitense. In Italia, dove le prime trasmissioni televisive cominciano nel gennaio 1954, si afferma decisamente il primo modello, legato all'idea secondo cui la tv deve avere 3 scopi fondamentali: istruire, educare, divertire. Solo alla fine degli anni Settanta, quando una sentenza della Corte costituzionale decreta la fine del monopolio radiotelevisivo di Stato, nascono le prime televisioni private, create da editori, giornalisti, imprenditori. Per comprendere il ruolo progressivamente assunto dalla televisione all'in- terno dell'industria culturale è utile ricorrere a una distinzione introdotta dal noto studioso italiano Umberto Eco, e accolta da molti studiosi di mass media: quella tra paleotelevisione (la "vecchia" Tv) e neotelevisione (la “nuova" Tv). Eco introduce questa distinzione in riferimento alla televisione italiana, ma le sue riflessioni possono riferirsi, più in generale, all'evoluzione storica del mezzo televisivo. La paleotelevisione è la TV delle origini: essa si caratterizza per mezzi tecnici ancora modesti (le immagini sono in bianco e nero) e un palinsesto limitato sia quantitativa- mente sia qualitativamente (le ore di trasmissione sono contenute e i programmi sono imperniati su generi: cultura, informazione, divertimento). Soprattutto, la paleotelevisione è effettivamente un medium, cioè un mezzo che mette in rapporto lo spettatore con ciò che viene trasmesso: un fatto di cronaca, uno spettacolo, un dibattito politico o culturale. Nella neotelevisione - che nasce con il diffondersi delle emittenti private, ma ben presto lo stesso servizio pubblico - si assiste a un radicale stravolgimento di assetto: si dilata la giornata televisiva, con un flusso continuo di programmi che coprono le 24 ore; i 3 generi della TV tradizionale si riducono progressivamente a uno solo e misto di informazione e divertimento definito da alcuni studiosi infotainment (dall'inglese information + entertainment). Inoltre, ed è questa forse la trasformazione decisiva i neotelevisione parla praticamente solo di se stessa: da strumento di informazione su una "realtà" che si presume autonomamente esistente, essa diventa fonte di realtà. Nella neotelevisione, sia pubblica sia privata, la principale risorsa economica è la pubblicità nelle sue varie forme: spot, sponsorizzazione di programmi, televendite. La centralità del ruolo economico delle aziende, che acquistando spazi pubblicitari garantiscono la sopravvivenza della rete, si ripercuote sul rapporto televisione-spettatore; quest'ultimo è visto non più come un cittadino da informare, ma come un consumatore da blandire e lusingare allo scopo di conquistarne la fiducia

mercoledì 3 marzo 2021

DOMANDE P.406

 1. Quando e perchè nasce l'industria culturale?


Con l'espressione industria culturale indichiamo il complesso dei soggetti e delle attività economiche che si occupano della produzione e della distribuzione di beni e servizi culturali. L'industria culturale copre Dunque ambiti della vita sociale che appartengono alla nostra percezione abituale della realtà e con i quali, veniamo frequentemente in contatto: il mondo dell'editoria, le case discografiche, l'industria cinematografica, i mezzi di comunicazione di massa. Parola come "industria" e "cultura" corrono con una certa frequenza nei nostri discorsi e con un significato tutto sommato piuttosto definito:

  •  quando parliamo di industria, abbiamo in mente il complesso delle attività produttive che trasformano le materie prime in merce di consumo. Si tratta di un fenomeno che a partire dal XVIII secolo, avviene Grazie all'investimento di ingenti capitali e all'uso di macchinari che permettono la realizzazione in serie di una grande quantità di prodotti.
  • Quanto al termine cultura, l'accezione principale con cui Esse ricorre nel linguaggio quotidiano è quello di tipo classico-umanistico: cultura è complesso delle esperienze intellettuali di una civiltà depositato nelle opere letterarie, musicali, artistiche, nelle teorie scientifiche filosofiche e in generale l'insieme di idee e simboli che formano l'universo del sapere.

2. A opera di chi prende avvio la stampa popolare?

Il 3 settembre 1833 a New York, una nuova presenza si aggira per le strade della città. Sono gli strilloni, ragazzini incaricati di vendere ai passanti il New york-sun, Edito da Benjamin Henry Day. Il prezzo modico e lo slogan accattivante con cui il giornale si presenta, it shines for all, mostrano la Chiara volontà dell'editore di raggiungere un pubblico più ampio possibile. Siamo di fronte a una vera rivoluzione culturale.
Il modello della stampa Popolare fece ben presto la sua comparsa anche oltreoceano nel 1836 a Parigi il giornalista e Uomo politico Emile Girardin  fondò  un nuovo giornale "La Presse", di cui riuscì a dimezzare il prezzo di abbonamento con un espediente destinato ad avere nei decenni successivi un grande successo: inserzione di annunci pubblicitari.

3. Come nasce il fumetto?

La Stampa e anche il veicolo di una nuova forma di comunicazione: il fumetto. Grazie all'intraprendenza di un direttore di giornale statunitense Joseph Pulitzer, intenzionato a incrementare le vendite domenicali del quotidiano New York World, Il 5 maggio 1895 un giovane disegnatore dell'Ohio, Richard Outcault presenta per la prima volta una serie di storielle umoristiche ambientate in un vicolo degli slums newyorkesi. Il personaggio principale dei vari racconti ed è The Yellow Kid, un buffo ragazzino vestito con un lungo camicione giallo Sul quale sono riportate frasi e battute relative alle vicende narrate. Una data importante per la diffusione del fumetto è il 1915, anno in cui nascono le prime syndicate, cioè le agenzie finalizzate alla commercializzazione dei Comics, che assumono la proprietà di storia e personaggi, sottraendone la gestione della stampa quotidiana. A partire da questa data il fumetto diventa un Medium autonomo con importanti conseguenze per la sua stessa identità.

4. In che modo si affacciano al mercato culturale la fotografia e il cinema?

Già negli anni Venti dell'Ottocento, lo scienziato francese Joseph Nice, inizia i suoi esperimenti sulla possibilità di imprimere immagini su una lastra sfruttando solo la luce, da questi studi nascerà Poi la fotografia. La fotografia nasce inizialmente come strumento di raffigurazione di paesaggi, soprattutto urbani, e di strutture architettoniche. Con il tempo però essa finisce per ritrarre anche soggetti umani. Fotografare e farsi fotografare diventano modi per realizzare altrettante modalità di vita social. L'immagine fotografica diventa così il simbolo del mantenimento dei legami affettivi che uniscono le persone. Anche in questi usi apparentemente intimi, personali, la fotografiaè  però un'immagine pubblica di rappresentazione sociale che cristallizza così le persone come Esse desiderano venire percepite, ricordate ,considerate.

 L'utilizzo del cinema come strumento di comunicazione, di intrattenimento sociale nacque Grazie all'opera di due Pionieri George Melies e David Griffith. Con il primo la ripresa cinematografica cessò  di essere mera documentazione dell'esistente per diventare messa in scena di situazioni fantastiche. Dobbiamo invece a Griffith la grammatica del cinema. Con  loro due il cinema divenne una vera e propria forma di spettacolo, cioè di ri-creazione della realtà attraverso la messa in scena, in quanto la tecnica di ripresa e di proiezione cinematografica offriva risorse espressive fino a quel momento sconosciute: cambiando inquadratura si poteva ad esempio avvicinare e allontanare gli oggetti creando così illusioni di situazioni differenti diversamente interpretabili.

5. Perchè si avvertì l'esigenza di catturare la musica?

Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer
dedica particolare attenzione alla musica che Egli riteneva capace di rivelare l'essenza intima del mondo. La posizione di Schopenhauer esprime in qualche modo la suggestione esercitata sugli esseri umani, generata soprattutto dalla sua impalpabilità: direttamente da una poesia ,da un dipinto che esistono concretamente anche nel momento in cui non si legge o non li si guarda, un brano musicale esiste veramente solo durante la sua esecuzione.  Proprio questo tratto della musica genera forse il desiderio di riprodurla mediante strumenti che ne consentissero l'ascolta anche in assenza dei suoi esecutori diretti.

LA FOTOGRAFIA

 UN NUOVO OCCHIO SUL MONDO



Già negli anni Venti dell'Ottocento, lo scienziato francese Joseph Nice, inizia i suoi esperimenti sulla possibilità di imprimere immagini su una lastra sfruttando solo la luce, da questi studi nascerà Poi la fotografia. La fotografia nasce inizialmente come strumento di raffigurazione di paesaggi, soprattutto urbani, e di strutture architettoniche. Con il tempo però essa finisce per ritrarre anche soggetti umani. Fotografare e farsi fotografare diventano modi per realizzare altrettante modalità di vita sociale: davanti all'obiettivo sfilano intere famiglie, ma anche singoli individui di varie condizioni sociali che sperimentano per la prima volta l'onore del Ritratto e persone che vengono colte nello svolgimento delle loro professioni. I fidanzati iniziano a scambiarsi le rispettive fotografie come pegno d'amore; le foto dei morti e soprattutto se giovani, vengono racchiuse in Minuscole teche da portare al collo come ciondoli. In un contesto storico-sociale caratterizzato da frequenti movimenti migratori e dalla frammentazione dei nuclei familiari, l'immagine fotografica diventa così il simbolo del mantenimento dei legami affettivi che uniscono le persone. Anche in questi usi apparentemente intimi, personali, la fotografiaè  però un'immagine pubblica di rappresentazione sociale che cristallizza così le persone come Esse desiderano venire percepite, ricordate ,considerate.

IL CINEMA: UNA NUOVA ARTE

La parola cinematografia significa scrittura del movimento. Sotto questo punto di vista la nascita del cinema rappresentò una decisa innovazione. Al cinema in un certo senso, la società di fine secolo affidò il compito di rappresentare quella condizione di immobilità, che sociologo tedesco crea un Simmel riconosceva come costitutiva dell'uomo metropolitano, sottoposto al rapido e ininterrotto mutare delle stimolazioni sensoriali. Come si aggiunti alla tecnica cinematografica è noto, furono i fratelli Lumière a creare i primi apparecchi in grado di trascinare pellicole contenente una serie di fotogrammi e di proiettarli in rapida successione su uno schermo bianco, in modo da creare l'illusione del Movimento. I fratelli Lumière però non colsero Probabilmente un immenso potenziale della loro invenzione, limitandosi a impiegarla per scopi piuttosto documentaristici. L'utilizzo del cinema come strumento di comunicazione, di intrattenimento sociale nacque Grazie all'Opera di due Pionieri George Melies e David Griffith. Con il primo la ripresa cinematografica cessò  di essere mera documentazione dell'esistente per diventare messa in scena di situazioni fantastiche. intitolato. Dobbiamo invece a Griffith la grammatica del cinema, che anche noi conosciamo e la consapevolezza senza del potenziale geologico e pedagogico-sociale del nuovo strumento. Con  loro due il cinema divenne una vera e propria forma di spettacolo, cioè di ri-creazione della realtà attraverso la messa in scena, in quanto la tecnica di ripresa e di proiezione cinematografica offriva risorse espressive fino a quel momento sconosciute: cambiando inquadratura si poteva ad esempio avvicinare e allontanare gli oggetti creando così illusioni di situazioni differenti diversamente interpretabili.

 Lo spettacolo cinematografico Si trasformò fin da subito in una forma di intrattenimento a buon mercato accessibili anche alle classi popolari: Nickelodeon, Questo negli Stati Uniti era il nome delle prime piccole sale cinematografiche di quartiere, così chiamate perché il prezzo di entrata era di un solo Nichelino. Forse per questo motivo la cultura alta guardò al cinema con una certa sufficienza se non con disprezzo.

L'INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA

Il mondo imprenditoriale piuttosto fiutò subito le possibilità di guadagno legate al cinema. In breve tempo il ruolo del produttore divenne preponderante rispetto a quello dello stesso regista. Fondata nel 1896 da Charles Pathe, in Francia nacque la casa di produzione Pathè-freres che nei primi anni del Novecento si distinse, Non solo per la realizzazione di ottimi cortometraggi, ma anche per un'opera generale di  promozione della nuova arte attraverso il coinvolgimento, nella progettazione dei lavori di illustri personaggi della letteratura e della cultura. Nello stesso periodo  negli Stati Uniti L'industria del cinema tardava a decollare a causa di una serie di controversie giudiziarie legate al diritto dello sfruttamento della nuova invenzione. Negli anni successivi alla prima guerra mondiale, Tuttavia risolto definitivamente le questioni legali, l'industria cinematografica statunitense si sviluppa in modo vertiginoso affermando in breve tempo la Sua egemonia nel mondo. Il centro della produzione cinematografica statunitense divenne la California, scelta per le sue condizioni climatiche e per la varietà dei personaggi che si presentano ottimamente per girare gli esterni del film. Il piccolo villaggio di Hollywood divenne in breve tempo una capitale del cinema e i suoi prodotti furono esportati anche al di là dei confini del continente americano.


LA MUSICA: COME "CATTURARLA"

Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer dedica particolare attenzione alla musica che Egli riteneva capace di rivelare l'essenza intima del mondo. La posizione di Schopenhauer esprime in qualche modo la suggestione esercitata sugli esseri umani, generata soprattutto dalla sua impalpabilità: direttamente da una poesia ,da un dipinto che esistono concretamente anche nel momento in cui non si legge o non li si guarda, un brano musicale esiste veramente solo durante la sua esecuzione.  Proprio questo tratto della musica genera forse il desiderio di riprodurla mediante strumenti che ne consentissero l'ascolta anche in assenza dei suoi esecutori diretti. Da un punto di vista tecnico questo divenne possibile alla fine dell'800, con un'azione del fonografo, ma soprattutto grazie all'invenzione del grammofono approntato da Emile Berliner nel 1888. nel grammofono di berliener il cilindro in ottone era stato sostituito da un disco di gommalacca meno ingombrante e soprattutto riproducibile in più copie.  il fonografo rimase  un curioso congeniti utilizzato da pochi intenditori, per di più per registrare solo voci umane, Il secondo, grazie anche ai costi di produzione contenuti in breve tempo entrò pressoché in tutte le case diffondendovi veri e propri brani musicali.



L'intraprendenza e la lungimiranza di alcuni imprenditori disposti a investire sui nuovi prodotti e determinare l'insorgere di una produzione industriale interamente dedicata alla realizzazione di dischi apparecchi per il loro Ascolto. le prime case discografiche erano Columbia phonograph Company e Berliner phonograph company. prima di allora l'industria musicale si era limitata alla stampa e alla commercializzazione degli spartiti, portata avanti in Italia da casa editrice come ricordi o la sonsogno. L'ampiezza dell'Industria del disco Apri ben presto uno scenario nuovo, non si trattava più di vendere al pubblico la partitura di brani musicali già conosciuti, ma di diffondere brani e generi musicali anche completamente inediti. gli  artisti conobbero nuovi canali di comunicazione con il loro pubblico e nuove sostanziose fonti di profitti e le case discografiche diventarono gradualmente padrona del mercato spesso sovrapponendo i loro interessi economici alle reali richieste artistiche e culturali. L'avvento del disco finì cambiare anche le modalità sociali di fruizione della musica. se da un lato aumenta il numero degli ascoltatori attraverso la riproduzione e la divulgazione di grandi opere che prima erano appannaggio di una ristretta Elite, dall'altro lato finì per analizzarne in qualche modo l' ascolto, poiche la musica a portata di mano e di cui si può godere anche distrattamente, immersi in altre occupazioni quotidiane, non può che appiattisce il gusto e la sensibilità dei fruitori.

LA NASCITA DELL'INDUSTRIA CULTURALE

 I TERMINI DEL PROBLEMA



Con l'espressione industria culturale indichiamo il complesso dei soggetti e delle attività economiche che si occupano della produzione e della distribuzione di beni e servizi culturali. L'industria culturale copre Dunque ambiti della vita sociale che appartengono alla nostra percezione abituale della realtà e con i quali, veniamo frequentemente in contatto: il mondo dell'editoria, le case discografiche, l'industria cinematografica, i mezzi di comunicazione di massa. Parola come "industria" e "cultura" corrono con una certa frequenza nei nostri discorsi e con un significato tutto sommato piuttosto definito:

  •  quando parliamo di industria, abbiamo in mente il complesso delle attività produttive che trasformano le materie prime in merce di consumo. Si tratta di un fenomeno che a partire dal XVIII secolo, avviene Grazie all'investimento di ingenti capitali e all'uso di macchinari che permettono la realizzazione in serie di una grande quantità di prodotti.
  • Quanto al termine cultura, l'accezione principale con cui Esse ricorre nel linguaggio quotidiano è quello di tipo classico-umanistico: cultura è complesso delle esperienze intellettuali di una civiltà depositato nelle opere letterarie, musicali, artistiche, nelle teorie scientifiche filosofiche e in generale l'insieme di idee e simboli che formano l'universo del sapere.
Su questi presupposti, l'accostamento dei due termini nell'espressione industria culturale può apparire contraddittorio. La produzione industriale Infatti è per definizione seriale e standardizzata, mentre teniamo a rappresentarci le creazioni della cultura come unico e originale.

Tuttavia proprio la diffusione della civiltà industriale e la progressiva colonizzazione che essa ha operato in ogni ambito della vita sociale Hanno finito per mettere in crisi, nei secoli successivi, l'idea di una separazione netta tra produzione tecnica e creazione culturale. Il processo di industrializzazione ha agito sulla cultura per molte vie: 

  • sia direttamente attraverso le innovazioni tecnologiche che hanno permesso una più rapida realizzazione e distribuzione dei prodotti culturali;
  •  sia indirettamente creando quelle condizioni come la nascita della civiltà urbana e del tempo libero e soprattutto l'affermarsi dell'economia di mercato.
I PRODROMI: DAI MANOSCRITTI MEDIEVALI ALLE GAZZETTE DEL 700

Tuttavia, è solo con l'invenzione della stampa che si apre una nuova era: la stampa a caratteri mobili che risale al tedesco Johann Gutenberg, standardizzata la tecnica di riproduzione della parola scritta, inaugurando una nuova modalità di realizzazione dei libri e quindi, un epoca di Maggiore circolazione dei contenuti culturali all'interno della società. Il nascere della pagina stampata ha permesso di pubblicare più rapidamente e in quantità Maggiore testi di qualsiasi natura, avvicinando così alla lettura fasce sempre più ampie di popolazione. Parallelamente a questa rivoluzione tecnologica, se ne verifica un altro di carattere teorico-simbolico, ovvero il parziale mutamento del significato del libro, che da testo specialistico, spesso destinato a una cerchia ristretta di intenditori, diventa un prodotto offerto a un pubblico più ampio. Per questa via, il rapporto tra scrittore e lettore di libri assume, progressivamente la configurazione che ha ancora oggi: una ristretta cerchia  di autori che si rivolge a una massa di fruitore via via più estesa indifferenziata.


Con la stampa Inoltre la sorte del testo si lega sempre più strettamente alla richiesta della realtà sociale emergente: i libri comincia lettere scritte  e riprodotti non solo al fine di consegnare ai posteri il sapere della tradizione, ma anche per diffondere idee e conoscenze legate ai bisogni del tempo presente.
La necessità di una parola scritta legata alla concretezza e all'attualità si fa più evidente con la nascita agli inizi del 700, degli antenati dei moderni giornali. Apparsi originalmente in Inghilterra ma ben presto diffusisi anche nel resto d'Europa, erano all'inizio prodotti idealmente rivolti a un Elite ricca e colta,  per la quale coltivavano uno strumento di informazione sociale politica e culturale: Non a caso si ricevevano a casa, previa sottoscrizione di un abbonamento, poiche non esisteva una rete di distribuzione analoga a quella degli odierni periodici o quotidiani che possono essere acquistati presso numerosi punti vendita. Per giungere a questo traguardo si sarebbe dovuto attendere Il Secolo successivo, quando in un altro contesto geografico e storico-sociale negli Stati Uniti, il giornale avrebbe cambiato significato e funzioni, trasformandosi in un trampolino di lancio per nuove forme di produzione.

LA STAMPA POPOLARE

Il 3 settembre 1833 a New York, una nuova presenza si aggira per le strade della città. Sono gli strilloni, ragazzini incaricati di vendere ai passanti il New york-sun, Edito da Benjamin Henry Day. Il prezzo modico e lo slogan accattivante con cui il giornale si presenta, it shines for all, mostrano la Chiara volontà dell'editore di raggiungere un pubblico più ampio possibile. Siamo di fronte a una vera rivoluzione culturale. Il New york-sun si distingueva dalle pubblicazioni fino ad allora esistenti, Non solo per la modalità distribuzione, per il prezzo ridotto, ma anche e soprattutto per i contenuti proposti: articolo di cronaca locale e resoconti di delitti e di eventi scandalistici e notizie sensazionali. Tutti questi ingredienti, allettavano invece una nuova fascia di utenti, composta da persone che nel foglio di giornale cercavano un semplice mezzo di intrattenimento e di svago.
Il modello della stampa Popolare fece ben presto la sua comparsa anche oltreoceano nel 1836 a Parigi il giornalista e Uomo politico Emile Girardin  fondò  un nuovo giornale "La Presse", di cui riuscì a dimezzare il prezzo di abbonamento con un espediente destinato ad avere nei decenni successivi un grande successo: inserzione di annunci pubblicitari.
A un'analisi attenta Risulta evidente come non si trattasse di una semplice trovata di un imprenditore per aumentare le vendite, ma si stesse in realtà inaugurando un nuovo modo di fare giornalismo. Legando il quotidiano al pubblico da un lato, è al mercato dall'altro, Giradin lo stava trasformando da mezzo di informazione e di discussione di idee vero e proprio prodotto di consumo.
La trasformazione del giornale in un bene di consumo perfettamente inserito nelle dinamiche di mercato diede  vita alla nuova modalità di produzione e di diffusione della cultura. tra queste ricordiamo il romanzo d'appendice. 
In un primo momento ci si limitò a presentare un pezzo per volta, romanzi già esistenti ma ben presto invalse un'abitudine diversa: Gli scrittori cominciano a comporre opere appositamente per i giornali, scrivendo di giorno in giorno la puntata da pubblicare. L' inedito connubio tra giornalismo e letteratura inaugura così un nuovo genere narrativo basato su alcuni canoni ben precisi: ogni puntata doveva ricollegarsi a quelle precedente, cioè presentare situazioni e personaggi ricorrenti, ma nel contempo introdurre elementi di innovazione  nell'intreccio involgere il lettore a conoscere il contenuto della puntata successiva.
La serialità della produzione industriale si trasferiva così all'interno della creazione culturale, come suo elemento costitutivo. E proprio questo elemento unito alla sinergia instaurata tra due diversi apparati di comunicazione sociale fanno un vero e proprio prodotto industria culturale.

IL FUMETTO


La Stampa e anche il veicolo di una nuova forma di comunicazione: il fumetto. Grazie all'intraprendenza di un direttore di giornale statunitense Joseph Pulitzer, intenzionato a incrementare le vendite domenicali del quotidiano New York World, Il 5 maggio 1895 un giovane disegnatore dell'Ohio, Richard Outcault presenta per la prima volta una serie di storielle umoristiche ambientate in un vicolo degli slums newyorkesi. Il personaggio principale dei vari racconti ed è The Yellow Kid, un buffo ragazzino vestito con un lungo camicione giallo Sul quale sono riportate frasi e battute relative alle vicende narrate, che solo in una seconda tempistica il disegnatore affiderà ai balloons. Il successo del bambino Giallo su New York World, spinge le testate concorrenti a organizzarsi, e ben presto la pratica delle sunday page's, ovvero dei supplementi domenicali sui quali vengono pubblicati le storielle, diventa un fenomeno diffuso su molti quotidiani. In seguito le pubblicazioni diventano giornaliere pur presentandosi nel più modesto formato delle strisce e restando Comunque il supplemento gli altri prodotti editoriali con intenti prevalentemente umoristici e satirici.
Dalla matita di Outcut e di altri artisti nascono così i nuovi personaggi destinati a diventare dei veri e propri characters dal punto di vista fisico e psicologico. Parallelamente si affermano nuovi ambiti di comicità:  dal mondo degli slums ancora presente in happy hooligan, si passa al più rassicurante contesto familiare, alle comuni situazioni che lo caratterizzano: le marachelle dei bambini, le scaramucce tra coniugi. Compaiono anche le prime storie interpretate da animali umanizzati grazie alla Disney. 

Una data importante per la diffusione del fumetto è il 1915, anno in cui nascono le prime syndicate, cioè le agenzie finalizzate alla commercializzazione dei Comics, che assumono la proprietà di storia e personaggi, sottraendone la gestione della stampa quotidiana. A partire da questa data il fumetto diventa un Medium autonomo con importanti conseguenze per la sua stessa identità. Da un lato le strisce perdono la loro connotazione prettamente comica per avventurarsi su nuovi filoni: avventuroso poliziesco, fantascientifico. Dall'altro si assiste a una progressiva differenziazione dei target di riferimento: mentre la prima vignetta non avevano un pubblico specifico, ora va gradualmente crescendo una produzione diversificata a seconda di età, status e condizione. Alla fine degli anni Venti del Novecento con la nascita dei comic-book, il nuovo Medium è ormai una realtà consolidata che si andrà progressivamente affermando anche al di fuori degli Stati Uniti.